Paolo Russo, la Stampa
Dengue ma non solo. Perché nel mondo sono venti le «malattie neglette» che nessuno cerca di curare perché colpiscono solo i Paesi poveri, dove infettano un miliardo e 700 milioni di persone l’anno. Ma la storia insegna che con la globalizzazione anche i virus arrivano dove prima era impensabile circolassero, come spiega Gianni Rezza, già direttore della prevenzione al ministero della Salute e ora Professore di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
La Dengue che genera la febbre «spaccaossa» appartiene al gruppo delle «malattie neglette». Cosa sono e perché dobbiamo temerle anche noi?
«Si chiamano così non perché siano rare, dato che colpiscono un miliardo e 700 milioni di persone nel mondo e pesano in termini di morti e contagi come i tre “big killer” messi insieme, tubercolosi, Hiv e malaria. Ma poiché sono diffuse in Paesi poveri, che non hanno risorse per acquistare farmaci e vaccini, finiscono per essere trascurare anche dalla ricerca. Come hanno però già dimostrato proprio la Dengue e Chikungunya, la globalizzazione da un lato e la tropicalizzazione del nostro clima dall’altro non possono più farci sentire al riparo da infezioni che rischiano di diventare endemiche anche da noi visto che le zanzare con le quali si trasmetto si aggirano nelle nostre case anche d’inverno».
Come si può incentivare la ricerca?
«Le industrie farmaceutiche non sono associazioni “no profit”, quindi per sostenere i costi di una ricerca poco o per nulla remunerativa è necessaria una collaborazione tra pubblico e privato, che già avviene attraverso le raccolte fondi promosse da alcune fondazioni internazionali. Ma occorre fare di più, perché se per la Dengue un vaccino almeno lo abbiamo e per Chikungunya è in fase di approvazione, per molte della ventina di malattie neglette c’è poco o nulla».
Allo Spallanzani di Roma e nei centri vaccinali specializzati in malattie tropicali è iniziata la campagna vaccinale contro la Dengue. Chi deve immunizzarsi?
«Il vaccino non è per tutti ma per chi deve intraprendere un viaggio nelle zone dove la malattia è endemica, come Brasile, Argentina, India e Sud Est Asiatico. È raccomandato anche a chi ha già avuto una infezione da Dengue, perché reinfettarsi fa aumentare notevolmente il rischio di malattia grave e di morte».
Il vaccino protegge bene?
«L’efficacia complessiva nei confronti dei due sierotipo di Dengue più diffusi a livello globale è dell’80% a 12 mesi dalla seconda dose, contro le ospedalizzazioni è del 90% a 18 mesi. I risultati a lungo termine, a quattro anni e mezzo, hanno dimostrato un’efficacia complessiva del vaccino del 61,2% nel prevenire la malattia e dell’84,1% nel prevenire l’ospedalizzazione. Si tratta di un vaccino a virus vivo attenuato in maniera tale da stimolare una risposta immunitaria senza essere in grado di provocare la malattia».
Come si somministra?
«Il vaccino Qdenga deve essere somministrato da un medico o da un infermiere con iniezione sottocutanea nella parte superiore del braccio. Il ciclo vaccinale si compone di due dosi, la seconda va somministrata a distanza di tre mesi dalla prima».
Basta il vaccino a proteggerci da nuovi e più diffusi focolai?
«No. Il ministero della Salute ha giustamente inviato una circolare dove agli Uffici di sanità marittima e aerea si chiede di alzare il livello di sorveglianza e di disinfettare gli aerei e le merci provenienti dai Paesi dove circola il virus. Ma con l’arrivo del caldo e la maggiore circolazione della zanzara tigre che trasmette il virus sarà necessario anche aumentare la vigilanza per individuare tempestivamente i casi e disinfestare le aree verdi circostanti i focolai. Sperando non sbarchi anche da noi, come già avvenuto a Cipro, la Aedes aegypti, che è molto più efficiente nel trasmettere il virus della Dengue, che tra il 1927 e il 1928 sconvolse Atene con una epidemia di grandi dimensioni». —