Il tripolarismo all’italiana si conferma anche alle elezioni amministrative 2017 (primo turno 11 giugno, ballottaggio il 25). Ai blocchi di partenza delle 25 città capoluogo di Provincia (4 anche di Regione) — le portate più sostanziose di una tornata che vede al voto 1.019 Comuni — i candidati che vantano vere chance di vittoria sono quelli che si ritrovano dietro gli schieramenti di centrosinistra e centrodestra (il Movimento 5 Stelle, come suo costume, corre in solitaria). Coalizioni e non liste, perché alle Amministrative c’è il doppio turno, eliminato dall’Italicum dalla Corte costituzionale, e quindi occorre fare massa critica. Proprio per questo quasi ovunque Pd e forze varie di sinistra marciano unite e lo stesso avviene sull’altro fronte con Forza Italia a braccetto di Lega e Fratelli d’Italia. Ma poi ci sono le specificità territoriali, i casi personali, le scomuniche e le espulsioni. E allora, in qualche caso, il quadro cambia. Vediamo dove e come.
Le spaccature
A Genova, per esempio, il candidato del centrosinistra, Gianni Crivello, non potrà contare sui voti di Sel (il partito dell’uscente Marco Doria) che ha deciso di andar per conto proprio. A Padova la divisione è ancora più netta. Il Pd si è affidato a Sergio Giordani, imprenditore ex patron della squadra di calcio (colpito da ischemia 15 giorni fa, si è ripreso giusto in tempo per partecipare alla competizione), ma non è riuscito il ticket con Arturo Lorenzoni e la sua Coalizione civica (raggruppa Si, Retedem, Possibile, Rifondazione) che si presenteranno da soli. E giusto per rimanere nel campo del centrosinistra, a Pistoia la corsa del sindaco uscente Samuele Bertinelli (Pd) potrebbe essere ostacolata da Roberto Bartoli, docente universitario che 5 anni fa perse le primarie con l’attuale primo cittadino e che ora corre con una lista civica.
Gli smarcati
Sull’altro fronte, spicca il caso di Palermo, dove l’azzurro Fabrizio Ferrandelli dovrà vincere la concorrenza intestina di Ismaele La Verdera, sostenuto da Fratelli d’Italia e Noi con Salvini. Al contrario, il sindaco uscente Leoluca Orlando rispetto a 5 anni fa porta nella sua coalizione anche il Pd, ma lo costringe, insieme agli alfaniani di Ap, a presentare una lista, Democratici e popolari, senza simboli di partito. Per i centristi Palermo è una vera eccezione. Se a Roma stanno con il centrosinistra nel governo di Paolo Gentiloni, nelle città la preferenza va nettamente per l’altro schieramento. Succede a Genova, La Spezia, Lecce, Verona, L’Aquila.
Diaspore pentastellate
Parma e Genova saranno due test per misurare lo stato di salute del M5S. Nella città emiliana l’uscente Federico Pizzarotti (appoggiato da una parte di Sinistra italiana e dai radicali) deve dimostrare che la sua esperienza di governo vale più del simbolo sotto cui si presentò 5 anni fa. Sotto la Lanterna si tratta di vedere se la ripudiata Marika Cassimatis, presentatasi con una sua lista, toglierà terra sotto i piedi di Luca Pirondini, imposto da Grillo a dispetto delle dispute legali. A Padova l’ex grillino Alessio Farinella (sostenuto dalla senatrice De Pin), con la sua Riscossa Italia, cercherà di dare fastidio al candidato ufficiale Simone Borile.
Le sfide impossibili
A Verona Flavio Tosi lascia dopo 10 anni e il compito di tentare l’impresa, sotto le insegne di Fare!, tocca alla sua compagna, la senatrice Patrizia Bisinella. Più facile pensare che se la giocheranno Orietta Salemi (Pd) e Federico Sboarina (FI). Più di testimonianza le corse di CasaPound a Verona, Parma, L’Aquila e Lecce. Da un estremo all’altro, nella città emiliana si segnalano una lista del Partito comunista e una del Partito comunista italiano.
Infine un caso a sé, quello di San Luca, il comune calabrese sciolto per mafia: non si è presentata nessuna lista, niente elezioni.
Cesare Zapperi – Il Corriere della Sera – 14 maggio 2017