Con la nomina del presidente, Manuel Brusco dei 5 Stelle, la commissione d’inchiesta sui Pfas istituita dal consiglio regionale muove i primi passi del suo mandato semestrale e Miteni – l’azienda di Trissino indagata per la contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche – coglie la palla al balzo promettendo piena collaborazione: «Apprendiamo con favore che c’è l’intenzione di ascoltare la nostra voce, cosa che la commissione parlamentare non ha mai fatto, e apprezziamo l’impegno dei commissari ad improntare il loro lavoro al rigore scientifico», commenta una nota della società multinazionale «siamo certi che vi sarà un concreto confronto in cui Miteni potrà mettere a disposizione tutto il patrimonio di conoscenze che l’hanno resa una delle aziende leader al mondo per la ricerca nel suo settore».
In verità, dopo un anno e mezzo trascorso sulla difensiva tra attacchi di ogni genere, l’ad Antonio Nardone intravede uno spiraglio: dapprima l’esito degli scavi sull’argine esterno allo stabilimento che hanno rinvenuto rifiuti chimici responsabili dell’inquinamento della falda acquifera e risalenti alla seconda metà degli anni Settanta, l’età del Centro ricerche e produzione di Giannino Marzotto; poi la fiducia nei risultati dell’indagine che i consorzi di depurazione stanno ultimando sugli “utilizzatori dei Pfas”, come stabilito da una sentenza del tribunale Superiore delle acque e da un decreto della Regione: «Siamo certi che descriveranno un quadro del tutto nuovo sull’origine delle fonti di immissione dei Pfas nell’ambiente sia oggi che per il passato».
Staremo a vedere. Intanto la politica si scambia punture di spillo. Con Alessandra Moretti (Pd) che, reduce da un incontro con il comitato “Genitori attivi” dell’area inquinata, critica la Regione, ritenuta inadempiente: «Come mai non ha ancora attivato lo screening di monitoraggio per rilevare la presenza di Pfas sui cinquanta bambini nati nel 2013 e residenti nella zona rossa? Dai dati riportati nelle bollette del servizio idrico emergerebbe che i filtri abbiano abbassato ma non eliminato la contaminazione dell’acqua potabile». «Se Moretti sapesse, e in quanto consigliere regionale ne avrebbe il dovere, quanto lavoro è in corso per la salvaguardia sanitaria di tutte le persone, e non solo dei bambini, coinvolte dal problema, eviterebbe di fare la scienziata, quanto meno prima di essersi informata dagli scienziati veri. Eviti di parlare prima di aver capito, altrimenti rischia una nuova nomination a “lady mi correggo” dell’anno», è la secca replica di Luca Coletto, l’assessore veneto alla sanità «gli screening richiedono criteri scientifici e modalità appropriate, perciò i tecnici della nostra prevenzione stanno lavorando con un gruppo di esperti composto da medici pediatri. Lo screening infantile partirà appena avranno elaborato le procedure corrette».
Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova – 31 agosto 2017