Nel giorno in cui Federica Mogherini supera tra applausi bipartisan l’audizione davanti al Parlamento europeo per la poltrona di “ministro degli esteri” della Ue, si aprono le prime crepe nella grande coalizione che sostiene il presidente designato della Commissione Jean Claude Juncker e il suo collegio di commissari.
La commissione cultura del Parlamento ha infatti bocciato il commissario ungherese designato, Tibor Navracsics, giudicandolo inadatto a occuparsi del portafoglio di Educazione, cultura e cittadinanza.
Non si tratta di una bocciatura piena, in quanto gli eurodeputati sostanzialmente potrebbero accontentarsi di un rimpasto, assegnando a Navracsics un altro portafoglio o modificando le competenze di quello che gli è stato affidato. Il motivo del rifiuto non tocca infatti la competenza del candidato, ma piuttosto il fatto che Navracsics sia stato il numero due del governo ungherese guidato da Viktor Orbán, cha ha varato politiche liberticide ed è stato ripetutamente e severamente criticato da Bruxelles.
Ma il fatto politicamente rilevante è che nel voto in commissione parlamentare l’ampia maggioranza, composta da popolari, socialisti e liberali, che sostiene Juncker si è spaccata. Contro Navracsics hanno votato infatti socialisti, liberali, verdi ed estrema sinistra, mentre solo i popolari lo hanno sostenuto per onor di bandiera, visto che il partito di Orbán fa comunque parte dell’internazionale democristiana.
Il problema che ora si pone è di evitare che la bocciatura dell’ungherese inneschi una reazione a catena che potrebbe portare al siluramento di altri commissari. Lo spagnolo Canete, anche lui del Ppe, il conservatore britannico Hill, e il socialista Moscovici, ma anche le commissarie ceca e slovena sono infatti ancora appesi al filo del voto parlamentare. Se saltasse qualche altra testa, difficilmente la maggioranza parlamentare, che il 22 ottobre dovrà votare la fiducia alla commissione Juncker, potrebbe tenere. Per cercare di mettere una pezza alla crisi, oggi è stato convocato un incontro tra Juncker, il suo primo vice presidente, Timmermans, il presidente del Parlamento europeo Schulz e i capigruppo del Ppe, Webber, e del Pse, Pittella. Toccherà a loro cercare di trovare una soluzione che ricomponga la maggioranza politica social-popolare ed eviti nuove sfiducie ad altri commissari. Cosa non facile, perché alcuni candidati, come lo spagnolo, il britannico e la ceca, hanno contro una larga maggioranza delle commissioni parlamentari chiamate a giudicarli.
Nessuna ombra, invece, per Federica Mogherini, designata dai governi europei Alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza della Ue. Ieri l’italiana ha affrontato brillantemente tre ore e mezza di audizione, rispondendo a oltre quaranta domande degli europarlamentari senza mai tradire la minima esitazione e dimostrando di conoscere alla perfezione i grandi dossier della politica internazionale.
Rispetto al suo predecessore Catherine Ashton, Mogherini ha dato l’impressione di non limitarsi a fare il rappresentante designato dei governi nazionali, ma di voler veramente cercare di costruire una politica estera europea partendo dalla necessità «di costruire una visione comune». «Se arriviamo all’ultimo minuto a firmare un testo congiunto di fronte a una crisi aperta, non abbiamo una politica comune ma solo un minimo comun denominatore tra ventotto politiche diverse», ha spiegato agli eurodeputati. «Io non chiedo agli Stati membri di rinunciare alla loro politica estera, perché comunque non lo farebbero. Ma chiedo a tutti di cercare di costruire insieme una visione comune sui vari problemi».
Il ministro degli Esteri italiano è riuscita anche a dissipare in modo efficace i dubbi, sollevati dai Paesi dell’Est, di un suo atteggiamento eccessivamente filo-russo. « La Russia non è più un partner in questo momento, ma resta un Paese vicino e strategicamente importante». E a una domanda di come ci si debba relazionare con “l’orso russo”, ha risposto con brio: «Non ho molta esperienza di orsi, ma verso la Russia dobbiamo usare un mix di fermezza e di persuasione. Come dosare questo mix, dipenderà dall’atteggiamento dell’orso». La sua audizione si è conclusa con un lungo applauso che, per una volta, ha unito socialisti, popolari e liberali.
Repubblica – 7 ottobre 2014