Resta comunque una occasione per affrontare i problemi del lavoro e delle professioni. Se si abrogasse abrogheremmo dei problemi che non sono oggettivamente abrogabili. Ma si dia subito il via alla concertazione. Medici compresi e il Governo si faccia protagonista del confronto per uscire dal “tranello”
In analogia al film “comma 22” avevo sostenuto tempo fa che ilcomma 566 sarebbe diventato “cacth 566” cioè un tranello (QS 31 dicembre 2014) e a leggere i tanti articoli su questo giornale sembrerebbe proprio così. Un tranello per la grande massa degli infermieri che non solo non risolvono i loro storici problemi di post ausiliarietà, di demansionamento, di indeterminazione professionale ma che ricadendo in un neomansionarismo rinunciano definitivamente a realizzare il progetto professionale della L42.
Un tranello per i medici che si vedono d’imperio semplicemente impoveriti nelle loro prerogative ma senza che vi sia un progetto di rivalutazione del loro lavoro. Un tranello per i malati e quindi per la politica perché le contraddizioni giuridiche e normative sarebbero così tante da mettere in seria difficoltà un intero sistema di relazioni professionali. Un tranello pensato e voluto dalle Regioni e incautamente dall’Ipasvi e dai sindacati ,che si sono accordate con loro , le prime per risparmiare e avere le mani libere nell’impiego flessibile ed economico del lavoro gli altri per colmare comunque un vuoto progettuale.
- il “catcht 566” è li… fermo… come un’automobile lasciata di domenica in un grande parcheggio vuoto con intorno una gran cagnara di interpretazioni, di polemiche di conflitti (“quanno ‘e pullàste s’appiccecano ce arrefònnono ‘e ppenne”). I ministri, i sottosegretari, i presidenti regionali , su questa faccenda che ormai dura da tre anni, non parlano. La politica probabilmente si sta rendendo conto della frittata che è stata fatta ed ora non sa dove mettere le mani. Con il comma 566 è diventato plateale quello che plateale non era, le contraddizioni nascoste e in qualche modo tollerate sono diventate evidenti e intollerabili, dando una dimensione drammatica a qualcosa che poteva essere gestito con ragionevolezza senza scatenare guerre civili. In tutta franchezza agli strateghi del comma 566 dico che non so quanto sia stato conveniente per loro mettere l’accordo sulle competenze avanzate nella legge di stabilità. Ma ora il comma 566 c’è e la politica rischia di restarne prigioniera e di fare danni. Come se ne esce?
- i collegi e le associazioni delle professioni sanitarie in polemica con i sindacati medici , hanno scritto una contro lettera aperta richiamando il “gioco dell’oca” per ribadire la loro indisponibilità a ricominciare daccapo cioè a riaprire un negoziato. Una citazione davvero interessante. Il gioco dell’oca è una metafora del labirinto (cacht) , con una struttura a spirale che per tappe conduce alla meta (“giardino dell’oca”) quale conclusione di un cammino sapienziale. La spirale si svolge sempre in senso sinistrorso per dire che il raggiungimento della meta è sempre una “risalita” verso l’origine quindi una “via del ritorno”. L’oca in virtù di antichissimi simbolismi è l’animale saggio che guida il viaggio (quando si capita nella sua casella si abbrevia il percorso e si raddoppia il punteggio).
Secondo me Il gioco dell’oca è una perfetta metafora del comma 566, cioè di un tranello dal quale si può uscire solo se riusciamo a risalire, tappa dopo tappa, il percorso fatto fino ad ora e trovare così una via di ritorno. Per uscire dal tranello il ruolo dell’oca tocca alla politica per cui chiederei al sottosegretario De Filippo delegato dal ministro a occuparsi di questi problemi, di fare un passo in avanti. Caro De Filippo dal comma 566 non se ne esce se voi che avete responsabilità istituzionali continuate a delegare le gatte da pelare alla burocrazia.
Ci vuole una soluzione politica. Il comma 566 come ci hanno detto alcuni autorevoli commentatori rischia di creare un mucchio di guai. Le chiedo quindi di fare “l’oca” (il saggio che guida il viaggio) , e di guidarci fuori dal tranello. Le questioni sono diverse ma quelle politiche sono fondamentalmente due :
· il discorso della “concertazione” a cui il comma 566 si riferisce quale strumento per la sua attuazione;
· le implicazioni contro riformatrici del comma 566 nei confronti del sistema normativo nazionale preesistente.
Fassari ha interpretato la concertazione prevista dal comma 566 come aperta a tutte le professioni, medici compresi. La sua interpretazione credo deve essere colta come una scelta di buon senso. Il comma 566 è in realtà costruito come una vera e propria conventio ad excludendum, tutto si gioca nella premessa che dà per già definite le competenze dei medici e che proprio per questo li esclude dalle ridefinizioni professionali ammettendo alla concertazione solo le professioni da ridefinire.
Scrive la presidente Ipasvi riferendosi al comma 566: “ora potrà avere via libera quell’accordo Stato regioni già pronto e concordato…”(L’Infermiere n°6/2014). Ma l’accordo già pronto è quello siglato il 10 aprile del 2014 che è a tutti gli effetti una conventio ad excludendum.
Alla nostra oca guida suggerisco che per uscire dal labirinto del comma 566 è necessario includere i medici nell’ambito delle ridefinizioni professionali e quindi nell’ambito della concertazione, semplicemente perché non farlo sarebbe una follia, perché le professioni si ridefiniscono nella complementarietà dei ruoli e perché esse devono coevolvere in un comune progetto di riforma del lavoro. Non farlo significa rompere rapporti, creare conflitti in tutti i servizi, ma ancor prima significa mettere coercitivamente le mani sulla professione medica senza averne la titolarità. A che titolo alcune professioni decidono unilateralmente cosa devono essere altre professioni? Sindacati e Ipasvi possono strillare come vogliono ma la loro resta una pretesa demagogica pericolosa e inaccettabile.
Benci e Rodriguez hanno confermato con puntuali analisi giuridiche e tecniche che il comma 566 è come ho sostenuto tempo fa un “comma horribilis” (QS 28 gennaio 2015) sia per le ambiguità che contiene, sia per l’ingestibilità dei processi che metterebbe in moto, sia per gli effetti contro riformatori che avrebbe nei confronti di leggi nazionali regolarmente votate in parlamento. Questi autori è come se all’oca dicessero: guarda De Filippo che il comma 566 se non ne darai una interpretazione politica ragionevole sarà impugnabile, contestabile, foriero di illegalità e di forzature. Cioè caro sottosegretario quello che conviene fare è darne una interpretazione autentica nel senso di espungere il testo dalle aporie interpretative quindi di usarlo come base per una più generale armonizzazione normativa sulle professioni, ma soprattutto di usarlo come spunto da cui partire per affrontare un problema di riforma delle professioni e delle organizzazioni del lavoro.
Detto quello che avevo da dire al nostro sottosegretario desidero fare un discorso amichevole ai medici che a mio avviso devono entrare di diritto, come sostiene Fassari, nel gioco dell’oca: che voi non siate d’accordo con il comma 566 è comprensibile, che abbiate diritto a difendere la vostra professione è giusto, che siate gli unici ad avere la titolarità di poterne discutere non ci piove …ma non vi potete presentare davanti all’oca senza uno straccio di proposta, cioè difendendo una astratta leadership e un metafisico atto medico…dovete capire amici miei che soprattutto a livello di politiche regionali ci stanno facendo neri in tutti i modi e che è tempo di cambiare e di rimettere al centro delle politiche sanitarie il valore riformatore del lavoro.
Personalmente non sono d’accordo, come qualcuno di voi ha proposto, di abrogare il comma 566. Esso è certamente una schifezza.. .resta comunque in combinato disposto con il famigerato art .22 del Patto per la salute, una occasione per affrontare i problemi del lavoro e delle professioni. Se si abrogasse abrogheremmo dei problemi che non sono oggettivamente abrogabili. Ma insomma si deve capire che il comma 566 è funzionale ad un riordino che le regioni stanno attuando da per tutto e che ha bisogno di un lavoro super flessibile .
Tutte le regioni stanno accorpando, centralizzando, delocalizzando i servizi, deterritorializzando il territorio….come se gli operatori fossero i fantasmi di Ghost di Jerry Zucker che passano attraverso i muri spostandosi nello spazio. Ma si può andare avanti in questo modo? Da ultimo amici medici non vogliatemene ma ve lo devo dire come mi viene: dovete chiedere alla Fnomceo di scendere apertamente in campo. E’ mai possibile che su una questione che richiama i fondamenti della professione a tutt’oggi manchi un’interpretazione autorevole da parte della vostra massima autorità professionale e che tutta la partita sia di fatto delegata ai sindacati? Ma secondo voi è riducibile la questione professionale a questione solo sindacale? Io non credo, come ben dimostra il ruolo dell’Ipasvi e degli altri collegi in tutta questa faccenda. A me non interessa creare problemi alla Fnomceo a me interessa che nel gioco dell’oca la Fnomceo faccia la sua parte perché le dimensioni deontologiche e ortodossologiche della professione sono di sua competenza.
Concludendo mi permetto di suggerire all’onorevole De Filippo di convocare un tavolo che riunisca tutte le professioni per adempiere all’obbligo della concertazione previsto dal comma 566. Lo scopo non è giocare alla “guerra dei bottoni”, (come ho potuto dire qualche tempo fa) cioè litigare sulle mansioni, ma definire un “progetto lavoro” (quello che Troise con passione ha chiamato “patto per il lavoro”) attraverso il quale rinnovare le professioni e i loro rapporti cooperativi contestualmente alle organizzazioni del lavoro per rispondere in un altro modo all’economicismo maniacale delle regioni.
Ivan Cavicchi – Quotidiano sanità – 19 febbraio 2015