In caso di intervento d’urgenza, “salva vita” il paziente, che riporta una lesione permanente, come conseguenza prevedibile dell’atto, non ha diritto al risarcimento del danno se non dimostra che, se informato dei risvolti, avrebbe rifiutato l’intervento. La Cassazione (sentenza 31234) accoglie il ricorso di una casa di cura, condannata a pagare 244 mila euro.
L’uomo, affetto da un cancro alla gola, si era rivolto ai giudici, perché nel corso di un terzo intervento, eseguito d’urgenza, aveva perso la capacità di parlare come conseguenza dell’asportazione della laringe. Un “risvolto” prevedibile per i medici, ma non per il malato.
Per la Corte d’Appello l’intervento, pur eseguito correttamente, doveva essere equiparato ad un’errata esecuzione della prestazione, perché risultava provato che il paziente, se informato, non avrebbe accettato esiti così “traumatici”. La Corte di merito aveva dunque applicato le tabelle milanesi, per l’invalidità temporanea e permanente accertata, oltre che per il danno non patrimoniale.
La Suprema corte ribalta il verdetto, dettando dei principi che circoscrivono le ipotesi risarcibili se manca un adeguato consenso informato.
I giudici ribadiscono l’importanza del diritto ad una corretta informazione. La violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione è, infatti, rilevante per il risarcimento, a prescindere dalla lesione incolpevole della salute. E l’informazione rientra nel rispetto della libertà dell’individuo che deve conoscere le prevedibili conseguenze del trattamento; il possibile verificarsi di un aggravamento della salute e le eventuali sofferenze fisiche e psicologiche del percorso post-operatorio. Notizie, utili a fare delle scelte: dall’acquisire altri pareri, alla decisione di restare nella situazione patologica, preferibile alle conseguenze dell’intervento. La dimostrazione delle intenzioni «potrà essere fondata anche su elementi presuntivi, la cui efficienza dimostrativa seguirà una sorta di ideale scala ascendente, a seconda delle gravità delle condizioni di salute e della necessarietà dell’operazione».
Alla luce di queste considerazioni la Cassazione cita le circostanze in cui, in assenza di un valido consenso informato, c’è il riconoscimento di un danno.
Nel caso dell’intervento errato, per colpa del medico, che il paziente avrebbe comunque accettato, il danno è limitato alla salute, compreso l’aspetto morale relazionale.
Danno esteso anche alla lesione del diritto all’autodeterminazione se l’errore commesso dal camice bianco riguarda un intervento che sarebbe stato rifiutato.
L’ipotesi esaminata rientra invece nell’ambito dell’intervento eseguito correttamente che il paziente avrebbe rifiutato se edotto sui “risvolti”. Circostanza in cui la lesione del diritto all’autodeterminazione è risarcibile solo se, il paziente ha subìto le inaspettate conseguenze senza essere pronto ad accettarle.
L’incolpevole lesione – prevedibile e non comunicata – era esito di un’operazione eseguita secondo “le regole dell’arte”. Per il risarcimento del danno da lesione della salute, il paziente avrebbe dovuto dunque provare, anche con presunzioni, che se informato a dovere, avrebbe rifiutato l’intervento anche se salva vita.
Patrizia Maciocchi – Il Sole 24 Ore