A seguito di una campagna decennale il governo inglese ha finalmente emanato una legge che vieterà completamente l’uso di collari elettrici telecomandati a partire dal 1° febbraio 2024. Nel vecchio Continente qualcosa si sta muovendo sul tema, anche se i Paesi che hanno adottato iniziative nette in merito non sono molti. Tra i veterani si annovera il Galles dove il divieto vige già da 13 anni, mentre a livello europeo, lo scorso anno si è registrata l’interrogazione dell’eurodeputata Aurélia Beigneux, che contestava l’utilizzo del collare elettrico. La politica francese, infatti, sosteneva che il suo impiego contravviene all’articolo 7 della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia. Beigneux, sottolineava inoltre, come nel nord Europa (per esempio in Danimarca, Norvegia, Svezia, Austria, Svizzera, Slovenia e Germania) si fossero già adottati divieti in materia, mentre in Francia la situazione fosse ancora al palo. L’inizio del 2023, invece, ha segnato per i cugini d’oltralpe un momento di svolta. Risale infatti allo scorso 16 gennaio il disegno di legge che vieta la vendita di strumenti coercitivi come collari chiodati, strozzatori o collari elettrici, dispositivi per “addestrare”. Votato quasi all’unanimità, il provvedimento ne punisce l’uso con una multa di 750 euro.
E nel nostro Paese qual è la situazione?
In Italia il divieto non esiste. Ma sul punto la situazione non è chiara. Di fatto il collare elettrico non è di per sé illegale, ma si configura un reato quando si provoca sofferenza all’animale. Sulla fattispecie di reato, però la giurisprudenza è da interpretare. Oggi, l’utilizzo del collare elettrico viene disciplinato sulla base di alcune sentenze e viene operata una distinzione tra due fattispecie: maltrattamento (art. 544 ter c.p.) e abbandono di animale (art.727 c.p.).
Nello specifico, la sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione del 25 maggio 2016, n. 21932 distingue chiaramente tra il ricorso al collare anti abbaio e quello al collare di addestramento. Nel primo caso, infatti, si producono nell’animale sofferenze che non trovano adeguata giustificazione. E ciò costituisce incrudelimento rilevante ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamento (Cass. pen., Sez. III, 13 aprile 2007, n. 15061). In altri termini, si ha maltrattamento quando dolosamente, con crudeltà o senza necessità, si cagioni una lesione all’animale o lo si sottoponga a sevizie. Il ricorso al collare elettrico per l’addestramento, invece, non rientra in questa fattispecie ma in quella contravvenzionale (art. 727 c.p.) che punisce chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze. In questo caso, cioè, si configura il reato di abbandono di animali.
Questa la situazione. Manca il divieto.
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