Un nuovo progetto di sviluppo per il paese che faccia leva sull’economia reale e che rimetta al centro l’agricoltura e l’alimentare per uscire così dalla spirale delle speculazioni e dalla dipendenza dallo spread per tornare a far parlare l’economia con il linguaggio dell’etica.
È quello che la Coldiretti ha chiesto oggi al governo in occasione dell’assemblea nazionale che ha portato a Roma oltre 15mila coltivatori. Sviluppo frenato dalla politica
Da parte sua, l’organizzazione – ha affermato il presidente, Sergio Marini – sta facendo la sua parte con un impegno forte nell’innovazione, nella diversificazione dell’attività produttiva, nella creazione di posti di lavoro, ma soprattutto nella spinta a produrre qualità, sicurezza e immagine del territorio. Azioni che fino a oggi però non sono state né riconosciute, né tantomeno remunerate, mentre i redditi degli agricoltori continuano a scendere.
E tutto questo – ha sottolineato Marini – nonostante politica e Pubblica amministrazione continuino a remare contro l’impresa agricola. La sburocratizzazione – ha detto il leader della Coldiretti – resta un miraggio mentre ogni legge sulla semplificazione non ha fatto altro che aggiungere oneri agli agricoltori. Per non parlare dei provvedimenti legislativi. Il Parlamento lavora, ma nessuna legge agricola arriva al traguardo. Un male comune a tutto il Sistema Paese (su 8.205 proposte di legge nell’ultima legislatura ne sono state approvate 205), ma che per l’agricoltura è una vera emergenza. Nessuna legge approvata per il settore Su 233 iniziative di legge assegnate alle commissioni Agricoltura di Camera e Senato ne sono state approvate 3, e di queste due sono rimaste inapplicate. Perché anche nei casi in cui si riesce a concludere l’iter, gli interventi poi restano impantanati nei decreti attuativi.
E così l’etichetta trasparente per i prodotti alimentari freschi e trasformati, in ballo dal 2006, e definitivamente approvata nel 2008, ancora non ha trovato applicazione. Così come le indicazioni più leggibili sulle bottiglie di olio d’oliva. Ma all’appello mancano anche le recenti misure che avrebbero dovuto innescare lo sviluppo, prima tra tutte la dismissione dei terreni agricoli con una corsia preferenziale per i giovani. Un provvedimento che, secondo i calcoli della Coldiretti, avrebbe potuto favorire la creazione di oltre 43mila aziende, con un impatto positivo anche per le casse dello Stato. Ma fino a ora (i tempi sono scaduti il 30 giugno) non c’è traccia della mappa delle aree disponibili né delle norme attuative. Il macigno burocrazia Resta invece pesantissimo il carico della burocrazia «i nostri agricoltori devono impegnare 100 giorni l’anno per tutti gli adempimenti richiesti. Solo nel settore del vino la Coldiretti ha calcolato, dal vigneto alla cantina, 70 attività burocratiche che impongono al produttore di relazionarsi con 20 diversi soggetti, dal ministero delle Politiche agricole alla Guardia di Finanza fino alle Camere di Commercio. La Coldiretti ha chiesto ai ministri “tecnici” Corrado Passera (Sviluppo economico) e Mario Catania (Politiche agricole) un deciso cambio di passo.
Un intervento «dovuto» per un settore, ai vertici in Europa per valore aggiunto e occupati per ettaro: il doppio di Francia, Germania e Spagna. E Marini non vuole più sentir parlare di agricoltura assistita, così come non ci sta ad accettare amari calici «perché lo chiede Bruxelles». Ha ricordato infatti come recentemente il premier abbia esercitato il potere di veto in Europa, e ha sollecitato dunque il ministro Catania a difendere le posizioni italiane sul tavolo Ue. Con un avvertimento all’attuale governo e a quelli che verranno:«basta con le deleghe in bianco». E dalla tribuna Coldiretti, che intende rafforzare il ruolo di forza sociale oltre che produttiva, sono arrivate le prime risposte e anche i primi impegni. Passera: internazionalizzazione e Gdo forte Il ministro Passera ha sottolineato la vitalità del settore e la capacitò a battere la crisi (agricoltura, agro-alimentare, agri-turismo arrivano a rappresentare non meno del 10% del Pil nazionale e più dell’8% dell’export) come dimostra il recupero delle posizioni e il valore dell’export che ha superato 30 miliardi di euro. Secondo il ministro, poi, non ci sono limiti alla crescita del settore, e la quota di esportazioni può raddoppiare e addirittura triplicare.
Con una politica dell’internazionalizzazione, con una Gdo più forte e sviluppando «una sinergia sempre più forte fra produttori e distributori, verticalizzando il più possibile le catene del valore». Priorità anche alla lotta alla contraffazione: il primo passo Passera lo ha fatto con una direttiva alla Società italiana per le imprese all’estero (Simest), accusata dalla Coldiretti di incassare soldi pubblici per favorire l’«italian sounding».
Dopo l’intervento dello Sviluppo economico, saranno revocate le partecipazioni alle imprese che inducono in errore i consumatori sull’origine o sulla provenienza dei prodotti commercializzati. Catania: soldi Pac solo ai veri agricoltori Catania ha assicurato che si lavora a un nuovo modello di sviluppo agricolo che abbatta il paradosso «di un’agricoltura ricca e di imprese povere». E il primo impegno è di battersi a Bruxelles per una normativa che consenta di riconoscere l’origine dei prodotti freschi e trasformati. Catania è pronto anche a scardinare il sistema per mettere fine all’attuale malfunzionamento della filiera:«non accetto l’idea che l’ortofrutta costi al consumatore 2 euro al kg e al produttore vadano 30 centesimi». Il ministro vuole porre un argine anche all’erosione di terreni agricoli, finora infatti sono stati persi 5 milioni di ettari. Infine, il nervo scoperto della riforma della Politica agricola comune. Il negoziato è difficile, ma Catania ha garantito che sosterrà con fermezza alcuni punti su cui «non ci saranno mediazioni».
Innanzitutto, la destinazione delle risorse solo a chi fa l’agricoltura: «non ci saranno soldi per la proprietà fondiaria e per chi non vive di agricoltura». Spazio poi ad uno sviluppo rurale diverso centrato sulle esigenze delle imprese con misure finalizzate ad accrescere la competitività.
Il Sole 24 Ore – 6 luglio 2012