Sulle tariffe dei controlli sanitari agli alimenti dovute dagli operatori economici in base al decreto legislativo 194 del 2008 scende di nuovo in campo Coldiretti Veneto, che si dice decisa a tutelare con azioni legali «cantine e piccoli laboratori da questa ulteriore scusa per far cassa». Sempre secondo l’associazione agricola l’imposta verrebbe applicata solo in Veneto «dove da tre anni gli agricoltori con piccoli laboratori di trasformazione aspettano una decisione politica chiara rispetto a questo provvedimento». «Fino ad oggi ci sono stati solo rimpalli tra assessorati – afferma Coldiretti – da quello all’agricoltura a quello della salute che si sono tutti ben distanziati dal rifiuto concreto come hanno invece fatto i rispettivi colleghi di Umbria, Piemonte, Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna».
«Perché – conìtinua – invece in Veneto si procede con le cartelle di riscossione agli imprenditori considerati “inadempienti” a causa di una mancata presa di posizione?». Sempre l’associazione sottolinea come la normativa comunitaria originaria abbia «di fatto escluso la produzione primaria trasformata da questo procedimento a carico delle attività agroalimentari interessate già da una pluralità di verifiche di vario genere, che non hanno certo l’esigenza dell’ennesima dimostrazione burocratica per comprovare la qualità e la salubrità di prodotti tipici».
Da parte nostra solo un paio di piccole precisazioni.
Burocrazia e tasse sono una cosa e la tutela della salute pubblica un’altra. Stiamo attenti a non confondere la marea di carte e relative spese, spesso del tutto inutili, di cui sono oberate, purtroppo, le imprese agricole, con gli indispensabili controlli di salute pubblica che accertano la salubrità degli alimenti. Siano essi prodotti tipici o meno tipici.
Bisogna anche dire che la 194 è il recepimento di un regolamento di quella stessa Unione europea che con i suoi contributi, ben accetti, ha sempre contribuito a tenere in piedi la nostra agricoltura. La vogliamo o no? Va detto anche che la 194, in ultima analisi, non è stato altro che lo strumento per consentire di trovare – ben prima delle finanziarie fiume di Monti – le corrette risorse per finanziare e potenziare il Dipartimento di prevenzione e arrivare, auspicabilmente, dalla salubrità dei cibi alla qualità. E questo in virtù di controlli che hanno non solo tutelato i consumatori ma anche salvato il mondo produttivo quando Bse, influenza aviaria, diossina, mozzarelle blu, eccetera avevano devastato i mercati. La terzietà del Dipartimento di prevenzione rispetto ad Haccp e autocontrollo ha prontamente “tamponato” allarmi e conseguenze ancor più gravi.
Non possiamo, ovviamente, parlare di 194 senza citare il comma 5 dell’articolo 11 della legge 96 del 4.6.2010 a tutela ed esclusione degli ” imprenditori agricoli” dalla sua applicazione. Ma siamo sicuri che tanti stabilimenti industriali, se non addirittura vere holding, che servendosi di questa legge non hanno ancora provveduto a pagare, mentre esportano e lavorano con l’ombrello della sanità pubblica, facciano gli interessi “dei piccoli laboratori di trasformazione” di cui in Veneto i servizi veterinari si sono sempre preoccupati, supportandoli in ogni occasione? Sono quelli gli “imprenditori agricoli” che la norma voleva tutelare?? Ce lo dicano i nostri politici.
La vera sfida non è “tutto e gratis” ma mantenere un adeguato livello di controlli con il giusto equilibrio tra costi, tipo di produzioni (industriali, artigianali, nicchia, low cost) e relativi soggetti obbligati a pagare.
Queste cose le diciamo da sempre ai nostri gestori politici, e voglia il cielo che la vicende delle quote latte, vedi anche gli ultimi sviluppi, siano per una volta d’insegnamento!
I servizi veterinari non possono che applicare le norme. Attendiamo quindi fiduciosi le decisioni della Regione.
Il segretario regionale SIVeMP Veneto
Roberto Poggiani
11 febbraio 2012 – riproduzione riservata