Per due italiani su tre le lancette del tempo sono tornate indietro di anni, cioè a quando gettare il cibo era come fare peccato e gli avanzi del pranzo, abilmente rielaborati e trasformati, si consumavano a cena e anche il giorno dopo, se ne rimaneva ancora. La crisi, o solo il suo effetto psicologico sui consumatori, ha tagliato di netto gli sprechi alimentari.
Quest’anno, il 25% degli italiani ha annullato totalmente gli sprechi alimentari mentre il 33% li ha diminuiti, il 31% ha dichiarato di non aver cambiato abitudini e appena il 7% ha detto di averli aumentati rispetto all’anno precedente. Sono i risultati di un’indagine della Coldiretti e dell’ istituto di ricerca Ixè diffusi in occasione della 15/a edizione del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione dalla quale emerge anche un altro fenomeno che fa riflettere: più del 44% degli italiani mangia gli alimenti anche quando hanno superato la data di scadenza, il 32% lo fa entro la prima settimana successiva, l’8% se non è passato più di un mese e c’è anche un 4% che si spinge oltre.
Bisogna distinguere, però, a quanto è scritto in etichetta, tra le «da consumarsi entro il…» e «da consumarsi preferibilmente entro il…», ricorda Coldiretti. La prima è la data entro cui il prodotto deve essere consumato per non esporsi a rischi importanti per la salute, la seconda è quella fino alla quale il prodotto alimentare conserva tutte le sue proprietà organolettiche e gustative, o nutrizionali.
Gli sprechi costano 12,5 miliardi di euro e si verificano per la maggior parte (54%) nel consumo domestico, per il 21% nella ristorazione, per il 15% nella distribuzione commerciale, il resto si getta nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%). Contenerli è uno dei temi della giornata mondiale dedicata all’alimentazione dalla Fao, secondo la quale nel mondo si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate l’anno di cibo, un terzo di quello prodotto. In un Paese in cui il cibo rappresenta un tema importante, tant’è vero che un italiano su tre posta dal ristorante o da casa le fotografie dei piatti, e che è famoso nel mondo per la qualità della cucina, negli acquisti dei prodotti alimentari ora si fa più attenzione di prima alla qualità. Fronte nel quale si registra il via libera della Commissione europea all’obbligo di indicazione di origine per latte e prodotti caseari.
«Così si dice basta all’inganno del falso made in Italy», dichiara Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti. E’ un problema all’estero, dove si commercializzano prodotti che di italiano hanno solo il nome, ma anche in Italia, dove «tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri». Un passo avanti, uno indietro: arriva il prosciutto «gonfiato» con un decreto del Ministero dello sviluppo economico che, recependo norme comunitarie, consente di aumentare dell’1% il contenuto d’acqua nel prosciutto cotto.
Il Corriere della Sera – 15 ottobre 2016