Nascosto nei dolci o usato per dolcificare, mescolato nel latte o abbinato ai formaggi. Sempre più proveniente dall’estero, soprattutto da Ungheria, Cina e Spagna. Tanto che un barattolo su due, denuncia Coldiretti, contiene miele straniero. E un barattolo è più o meno la quota che ci tocca a testa ogni anno: 400 grammi, la metà della media europea.
Una quantità che impallidisce di fronte ai 27 chili di zucchero che consumiamo ogni anno. Eppure le buone ragioni per non rinunciare al miele non mancano. Se da tempo si parla delle sue proprietà antiinfiammatorie e antibatteriche, oggi un nuovo studio (in pubblicazione su Molecular Nutrition Food Research) mostra anche l’azione protettiva sul Dna. «I polifenoli, contenuti nel miele, ma anche nel tè, nel cacao e nell’olio – spiega Renata Alleva, specialista in scienza dell’alimentazione e ricercatrice dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, che con il Consorzio nazionale apicoltori coltivatori di biodiversità (Conapi) ha condotto lo studio – sono in grado di contrastare il danno indotto dai radicali liberi, sostanze che possono danneggiare diverse componenti cellulari, prima tra tutti il Dna».
I ricercatori si sono chiesti se il meccanismo funzionasse anche contro il danno al Dna indotto dai pesticidi: «Abbiamo visto infatti che alcuni pesticidi agiscono sul Dna proprio attraverso la produzione di radicali liberi, e abbiamo voluto capire se e in che modo la somministrazione di polifenoli potesse arginarlo», racconta Alleva. Per farlo i ricercatori sono andati a vedere cosa succedeva aggiungendo miele nella dieta di un gruppo di persone stagionalmente esposte ai pesticidi, perché vivono a ridosso di aree coltivate intensivamente.
Innanzitutto Alleva e i suoi colleghi hanno aggiunto gli estratti di polifenoli di quattro tipi diversi (acacia, arancia, castagno e bosco) a colture di cellule umane, misurando la capacità che questi avevano di bloccare la formazione di radicali liberi. «Gli estratti dai mieli più scuri, come quello di bosco e di castagno, avevano la maggiore capacità antiossidante», spiega Alleva. Si trattava quindi di vedere se le cose andavano allo stesso modo con persone in carne e ossa. Per questo gli scienziati hanno somministrato per dieci giorni a 22 persone esposte ciclicamente a pesticidi, 50 grammi di miele di bosco (pari a circa 2 milligrammi di polifenoli), poco più di due cucchiai al giorno, in sostituzione degli zuccheri assunti quotidianamente. Una quantità comunque consistente, precisa Alleva, appositamente testata per valutare in tempi brevi l’attività.
L’esposizione ai pesticidi non solo induce dei danni al Dna, ma riduce anche la capacità che le cellule hanno di riparare questo danno. «La capacità di tamponare il danno – spiega Alleva – diminuisce proporzionalmente all’esposizione ai pesticidi. Nelle cellule sollecitate dai pesticidi i sistemi di riparazione vanno più lenti, aumentando la probabilità che il danno diventi stabile; accelerando così mutazioni e invecchiamento cellulare. Ma il miele sembra avere la capacità di ribaltare la situazione». Nelle persone con una attività enzimatica ridotta, i polifenoli del miele stimolano gli enzimi di riparazione, che contrastando l’effetto dei pesticidi prevengono la formazione del danno al Dna. «Quello che abbiamo osservato – conclude Alleva – mostra come l’azione di riparazione del Dna può essere modificata dall’alimentazione. Ii benefici del miele dovuti ai polifenoli, presenti in piccole quantità, potrebbero far riscoprire un alimento demonizzato per colpa del suo contenuto di zuccheri». Purché , non sia contaminato da pesticidi.
Repubblica – 26 prile 2016