In base alle stime della DG AGRI i costi di analisi e tracciabilità degli animali clonati e loro progenie sarebbero pari a circa 10 miliardi di euro con DNA, e 800milioni con procedure ordinarie di tracciabilità. Dieci miliardi di euro, di cui il 78% sul settore suinicolo, il 6% sul settore bovino e il 13% sull’ovicaprino. Cifre importanti, e senza comunque considerare la tracciabilità della progenie.
Queste le stime della Commissione europea, che tramite la Direzione Generale Agricoltura, ha prodotto uno studio di impatto sui requisiti eventuali di tracciabilità degli animali clonati e della loro discendenza (progenie).
Il tema è caldo. Se è da poco stato pubblicato il Regolamento (UE)2015/2283 sui Novel Food- che prevede che i cloni rimangano sotto la competenza di tale regolamento fintanto che non ne verrà pubblicato uno espressamente dedicato alla clonazione- molti dubbi rimangono. Tema divisivo, che aveva visto un lungo contrasto tra Parlamento europeo e Commissione: e ora uno degli aspetti più caldi- proprio quello della tracciabilità- arriva al pettine. La tracciabilità infatti veniva richiesta in modo imperativo dal Parlamento europeo al fine di dare ai cittadini le giuste possibilità di effettuare scelte informate e consapevoli. Per contro la Commissione aveva sin dall’inizio sostenuto la difficoltà pratica di sostenere costi elevati, soprattutto in mancanza di una definizione stringente e chiara di “Progenie” cui si sarebbero dovuti applicare i requisiti di tracciabilità ed etichettatura. Non è stato infatti definito nella proposta del Parlamento il numero di generazioni successive da includere nella tracciabilità-etichettatura rispetto al clone originario.
Attualmente, la clonazione nel regno animale è presente solo in cavalli da competizione e non trova riscontri produttivi nel mondo dell’allevamento per scopi alimentari.
Lo studio
I dati sono stati ottenuti da una analisi estesa di tutta la letteratura disponibile, anche con dati settoriali ed economici, informazioni da esperti e interviste con le parti interessate in tutta Europa.
Oltre ai costi sulla tracciabilità in senso stretto, l’indagine- che ha visto la collaborazione di società di consulenza esterne- ha valutato anche i costi degli investimenti per mettere a regime sistemi di etichettatura nuovi, coprendo anche la progenie dei cloni.
In base alle stime i costi sarebbero così ripartiti:
– 363 milioni di euro per la formazione degli operatori circa i requisiti normativi e di etichettatura;- 504 milioni di euro per i tag auricolari al fine di identificare gli animali (soprattutto suini)
– stoccaggio e analisi del DNA: 9 milioni di euro
Le difficoltà
Una difficoltà preliminare deriva dalla mancanza di requisiti specifici di registrazione peri singoli capi suini e ovicaprini (solo un 15%-20% dei suini ed un 66%-80% degli ovicaprini sono individualmente registrati), a differenza dei bovini anche importati.
La normativa alimentare generale reg. 178/2002 dell’Unione infatti non prevede che la tracciabilità venga fatta risalire al singolo capo animale. In ogni caso poi la tracciabilità riferita ai singoli capi si perderebbe in caso di mix con necessità di mantenere solo le informazioni circa “one step back and one step forward”.
Ma la difficoltà forse più grande risiede nell’accettazione dei consumatori e dei produttori: che non rendono probabile una produzione europea di animali clonati nei prossimi 5-10 anni- sostiene il rapporto- cionondimeno non si possono negare possibilità di importazione di animali clonati da paesi terzi.
Studio di impatto DG AGRI su costi tracciabilità animali clonati
Sicurezza alimentare Coldiretti – 28 gennaio 2016