Si ha quasi paura, da queste parti, a parlare di livelli pre-crisi. Gli otto-nove anni di “congiuntura sfavorevole”, per usare un eufemismo, hanno massacrato il Nordest. E non si è trattato solo di chiusure di società, perdita di ordinativi, concorrenza agguerrita sui mercati internazionali, mancanza di ammodernamento dei sistemi produttivi, dimensioni aziendali piccole, difficili passaggi generazionali. Qui si è consumato un divorzio epocale tra le piccole e medie imprese, le partite Iva, i commercianti e i lavoratori, con il sistema bancario locale; i fallimenti dei due pilastri del credito nordestino, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che godevano di sconfinata fiducia da parte di risparmiatori e aziende, hanno lasciato un segno indelebile nell’economia del territorio.
Si va dunque “con i piedi di piombo”, ora, quando si parla di qualità della vita, ricchezza, definitiva uscita dalla crisi, ripresa economica più veloce rispetto ad altre aree d’Italia, occupazione in crescita, export in forte aumento. Lo schiaffo ricevuto impone prudenza. I dati, però, parlano chiaro: nella classifica de Il Sole 24 Ore Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia primeggiano in quasi tutti gli indicatori e tornano a essere, ancora una volta e a dispetto di altre aree fortemente industrializzate, la locomotiva d’Italia. L’ha scritto solo una settimana fa la Banca d’Italia nel suo report autunnale riferito al Veneto e al Friuli Venezia Giulia: «Nel primo semestre 2017 è proseguita la crescita dell’economia, sostenuta sia dal buon andamento della domanda interna che dalla crescita del commercio internazionale. L’occupazione è aumentata e la situazione economica delle famiglie è ancora migliorata. Condizioni di investimento favorevoli hanno continuato ad alimentare il processo di accumulazione di capitale delle imprese». Lo stesso ragionamento premia il Trentino-Alto Adige.
Nel solo Veneto, che pesa per oltre la metà del Pil nordestino, l’export è cresciuto nel primo semestre del 6,1%, gli investimenti sono stati superiori al 2%, la disoccupazione è ferma al 6,4. Nel primo trimestre il saldo tra cessazioni e assunzioni registrava 46mila posizioni di lavoro, con uno slancio nel settore delle costruzioni. Il numero di aziende e lavoratori coinvolti da procedure di crisi si è quasi dimezzato rispetto al 2016 (-48%). In calo anche i licenziamenti (-12%), soprattutto collettivi (-42%). «In questi anni la Regione Veneto si è dotata di un servizio specifico, l’Unità di crisi – spiega l’assessore al lavoro Elena Donazzan – per affrontare tutti gli aspetti di una crisi aziendale. È questo modello che ha fatto la differenza nel gestire la crisi più lunga e pesante che il Veneto abbia affrontato dal secondo dopoguerra ad oggi».
Politiche amministrative a sostegno del lavoro e dell’economia sono costantemente presenti anche in Trentino e Alto Adige, grazie alle possibilità di manovra e di spesa date dall’autonomia, e in Friuli Venezia Giulia, dove lo statuto speciale permette scelte mirate al potenziamento di alcuni settori economici. Qui, ad esempio, si è sviluppato il distretto del mare,oggi tra i più all’avanguardia per tecnologia e qualità. In Trentino il Polo della Meccatronica di Rovereto attira aziende da tutto il mondo, anche per le condizioni fiscali favorevoli. In tutto il Nordest sono innumerevoli i parchi scientifici e tecnologici, i centri di ricerca, le università; ma anche le iniziative che mettono al centro l’impresa: le fabbriche aperte al pubblico, gli spin off universitari che fanno da collante tra startup e mercato (Unismart a Padova), gli incubatori (H-Farm, M31).
«I risultati sintetizzati dal Sole 24 Ore – commenta Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto – sono lo specchio della capacità di riscatto degli imprenditori di questi territori. Il saper reagire velocemente alle difficoltà, unito alla visione internazionale e alla flessibilità, ci ha permesso di mantenere alti gli standard della competitività industriale e la qualità della vita e del lavoro. Tutto ciò non sarebbe comunque possibile senza il contributo di solidarietà, serietà e di impegno sociale e civile che percorre tutta la società. Un senso di responsabilità “collettivo” dove ognuno si sente chiamato a fare la propria parte». Una silenziosa laboriosità e una capacità di fare impresa che si rivelano vera cifra del Nordest.
Katy Mandurino – Il Sole 24 Ore – 28 novembre 2017