Le due Italie e la povertà
Secondo la definizione dell’Ocse, la classe media non si ferma a 26mila euro, ma – nel caso dell’Italia – arriva poco oltre i 42mila (dal 75% al 200% del reddito mediano). Anche allargando l’analisi, comunque, il trend rimane, come conferma l’elaborazione del Sole 24 Ore del lunedì. Infatti, prendendo in considerazione la suddivisione adottata nelle statistiche delle Finanze, nello scaglione da 26 a 55mila euro di reddito annuo si registra un calo decennale dell’11,7 per cento.
Ciò che cambia, nelle due fasce di reddito in cui ricade la middle class italiana, è il numero di chi le compone. Mentre si restringe quella da 15 a 26mila euro, che perde circa 360mila contribuenti (il 2,9%), si allarga – e di molto – quella che arriva fino a 55mila. Ma a questo punto bisogna ampliare l’angolo visuale.
Si scopre così che il 43,8% degli italiani non raggiunge neanche i 15mila euro (la soglia convenzionale da cui “comincia” la classe media) e ha registrato una perdita di reddito ancora più marcata (oltre il 13%). Inoltre, negli ultimi dieci anni, l’area fino a 15mila euro ha perso 3,3 milioni di dichiaranti. Molti dei quali fanno parte del milione e 200mila contribuenti perduti negli anni della crisi, tra disoccupazione e lavoro nero.
Di contro, pur con una contrazione di reddito trasversale a tutte le classi, i più ricchi (oltre i 55mila euro) sono aumentati di numero, arrivando a rappresentare quasi il 5% dei contribuenti italiani.
I dati delle Finanze vanno presi con cautela, perché non possono fotografare l’economia sommersa. Pur con questa avvertenza, però, dimostrano ancora una volta che ci sono diverse Italie. Nel Mezzogiorno la classe media – così come la intende l’Ocse – ricade nella metà più ricca della popolazione (caso limite la Calabria, dove il 61,5% dei contribuenti dichiara meno di 15mila euro). Al Centro e al Nord, invece, la fascia della middle class si allarga e si sposta verso il basso. E ad acuirne le difficoltà c’è anche il costo della vita più elevato nelle regioni settentrionali.
Gli altri Paesi e l’eccezione della Francia
Il fenomeno osservato dall’Ocse non è solo italiano. Di fatto, l’unica eccezione è la Francia, dove la classe media si è ampliata: +4,2%, contro il -3,9% dell’Italia e il -5,8% della Germania. In base alla condizione lavorativa del capofamiglia, la contrazione ha colpito soprattutto chi ha perso il lavoro: l’assottigliamento del ceto medio, in presenza di un capofamiglia disoccupato, in Italia è addirittura arrivata al 16,7 per cento. Un trend che avrà ricadute sociali, economiche e politiche, rileva l’Ocse. E che, in un modo e nell’altro, si farà sentire anche nelle elezioni europee del 26 maggio.
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