«Un carrozzone con un commissario» Il sindaco di Venezia: «Arretrati». Accuse anche al giurista Antonini. Non si può dire che la giunta regionale risparmi il lavoro degli avvocati. Dopo aver ricorso contro la liberalizzazione degli orari dei negozi, contro l’abolizione delle Province, contro la troppa autonomia concessa a Trento e a Bolzano e contro innumerevoli altri provvedimenti romani (alternando vittorie e sconfitte), questa volta gli uffici di palazzo Balbi hanno deciso di confrontarsi frontalmente con il governo impugnando di fronte alla Consulta l’intero corpo della legge Delrio e in particolar modo la parte sulle città metropolitane con la collaborazione del costituzionalista Luca Antonini.
«Altro che riforma istituzionale, questa legge è un provvedimento aberrante e allucinante che sta creando soltanto confusione», attacca il governatore Luca Zaia che ha insistito per istruire il ricorso. «La città metropolitana è l’ennesimo inutile carrozzone incostituzionale che avrà come primo effetto quello di imporre all’intera popolazione della Provincia di Venezia un sindaco metropolitano che tale popolazione non ha eletto – continua il presidente della Regione -. Di fatto il sindaco del capoluogo diventerà una sorta di supercommissario che lavorerà evidentemente solo nell’interesse di chi lo ha eletto (i veneziani) e non degli abitanti di tutto il resto del territorio».
D’altra parte, non c’è da stupirsi che la legge sulle città metropolitane sia finita sul tavolo dei giudici costituzionali. Al di là delle oggettive difficoltà presentate dalla transizione dalla gestione provinciale alla nuova città metropolitana (per cui non ci sono ancora i decreti attuativi che permetterebbero ai diversi livelli di governo territoriale di capire esattamente che cosa devono fare), la presenza politica di un nuovo ente da ottocentomila abitanti crerebbe un conflitto con la Regione che si troverebbe a dover condividere una serie di competenze con il sindaco metropolitano (in primis la sanità) e la giunta costituita dai sindaci dei Comuni di maggiori dimensioni. «Zaia ha fatto bene ha impugnare la legge – interviene la presidente della Provincia Francesca Zaccariotto, leghista come il governatore – Anzi. Avrebbe dovuto farlo prima, quando è diventato chiaro che, in assenza di regole chiare sulla transizione, il sindaco di Venezia invece di cercare il dialogo con me e con il governatore ha deciso di usare il suo rapporto diretto con il governo per tirare dritto a colpi di dispetti istituzionali».
La legge Delrio, approvata poco più di un mese fa, infatti non coinvolge nel processo i governatori e i presidenti delle Province destinate a diventare città metropolitane (che dal 25 luglio resteranno in carica senza indennità e stipendi fino a che il nuovo ente non entrerà a regime) e lascia mano libera ai primi cittadini dei capoluoghi destinati a diventare sindaci metropolitani. E visto che questo Giorgio Orsoni lo sa bene non risparmia i termini nella risposta. Oltre a chiedere al governo Renzi di procedere per ridimensionare i poteri delle Regioni (vedi lettera a sinistra), il primo cittadino lagunare bolla la decisione del ricorso come «uno spot elettorale in vista del secondo turno della amministrative» e attacca i due leghisti senza mezzi termini.
«Questo ricorso è dimostrazione di superficialità e arretratezza culturale – dice il sindaco di Venezia -. Purtroppo finché avremo a che fare con forze politiche conservatrici come la Lega sarà difficile fare le riforme. Confido nel fatto che gli italiani sappiano distinguere chi vuole modernizzare il Paese da chi invece mira soltanto a conservare istituzioni superate». Orsoni però non si limita a criticare la decisione del governatore e attacca anche Luca Antonini, il consulente della Regione incaricato dell’impugnazione. «Mi meraviglia inoltre che l’incarico di predisporre il ricorso sia stato affidato a un consulente del governo che tra l’altro ha collaborato alla predisposizione del testo della legge sulle città metropolitane», conclude Orsoni.
E se in serata Zaia ritorna sulla questione attaccando direttamente Orsoni («La sua è una reazione stizzita da lesa maestà»), sulla vicenda interviene anche Antonini che sottolinea la sua estraneità al governo. «La legge Delrio è stata approvata in via definitiva quando ormai io non avevo più incarichi e, a differenza di altri provvedimenti come il federalismo fiscale, il mio ruolo sul testo della legge è stato marginale», spiega il costituzionalista convinto che la legge Delrio presenti forti dubbi di costituzionalità.
Alessio Antonini – Il Corriere del Veneto – 3 giugno 2014