Il sindacato (cui aderiscono Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e Fesmed) rileva “numerose contraddizioni sostanziali” nell’accordo con la società cubana incaricata di individuare i medici disponibili a lavorare in Calabria, che vanno da problematiche ordinistiche, organizzative e linguistiche a spinosi temi di responsabilità professionale; ma anche problemi formali.
«L’utilizzo della procedura dell’accordo quadro per l’affidamento di prestazioni di somministrazione di manodopera è in generale vietato dalla legge se non per il tramite delle Agenzie a ciò autorizzate, e in ogni caso è vietato per l’esercizio di funzioni dirigenziali quali quelle che spettano ai medici – commenta il presidente della Federazione CIMO-FESMED e vicepresidente CIDA Guido Quici -. Inoltre la Regione Calabria, prima di adottare una soluzione estemporanea come quella di rivolgersi a Cuba, ha del tutto ignorato la possibilità di assumere i medici specializzandi degli ultimi anni di formazione, come previsto dalla legge».
La Federazione ricorda anche quanto emerso in una recente pubblicazione della statunitense Fondazione per i Diritti Umani, “che fa luce su un vero e proprio traffico di medici cubani nel mondo per confermare il ruolo dell’isola come potenza medica mondiale: secondo il rapporto, in 60 anni oltre 400 mila professionisti sanitari sarebbero stati costretti da Cuba a lavorare all’estero, trattenendo tra il 75% ed il 91% del loro stipendi”.
In ogni caso, è possibile estendere il ragionamento alla base del ricorso della Federazione CIMO-FESMED a numerosi accordi siglati da diverse Regioni con cooperative o società di servizi, sia italiane che straniere, che propongono medici disponibili a coprire turni negli ospedali afflitti dalla carenza di personale o a cui viene affidata la gestione di interi reparti.
«Il ricorso ad enti esterni per il reclutamento di medici crea una concorrenza sleale nel mercato del lavoro che va combattuta senza se e senza ma in tutta Italia, e mi auguro che alla lotta intrapresa dalla Federazione CIMO-FESMED si uniscano presto altre associazioni di settore – continua Quici -. Se da una parte i medici delle cooperative vengono pagati anche cinque volte di più rispetto a un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale, attirando sempre più professionisti che preferiscono non partecipare ai concorsi pubblici, ai medici stranieri che vengono in Italia, come nel caso dei colleghi cubani, vengono riconosciute retribuzioni inferiori rispetto alla media. Non vorremmo che, considerata la carenza di risorse, il dumping salariale facesse il suo ingresso anche nel settore medico».
«L’unico modo per risolvere il problema della carenza di medici – conclude Quici – è formare nuovi professionisti e bandire concorsi per assumerli stabilmente all’interno del Servizio sanitario nazionale. I concorsi devono essere l’unica porta d’ingresso nel SSN».
Il Sole 24 Ore sanità