Niente multe per chi altera i cibi come conseguenza del “taglia-leggi” di Calderoli. Imputati impuniti
MILANO – Chi adultera i cibi la fa franca. Non esiste interpretazione che tenga di fronte a una sentenza della Cassazione che proprio questo ha stabilito. Intanto a Torino è stato rinviato il primo dei numerosi processi a rischio di cancellazione, dopo l’annullamento della legge del 1962 che punisce la custodia e la vendita di cibi guasti. Il giudice Alessandra Pfizzner, invece di assolvere subito l’imputato, ha preferito aggiornare la causa a febbraio in attesa che si chiarisca la situazione: il ministro della salute, Ferruccio Fazio, dopo essere stato interpellato dal procuratore torinese Raffaele Guariniello sta cercando di trovare un rimedio.
LEGGE ABROGATA – La legge 283 del 1962 è quella che permette ai carabinieri del Nas e ai magistrati di perseguire penalmente fenomeni come le mozzarelle blu oppure casi meno eclatanti, ma molto frequenti, come la detenzione, nei negozi, di prodotti scaduti o conservati male: il problema è che, per effetto del decreto taglia-leggi del ministro della semplificazione Roberto Calderoli, è stata abrogata, e ora, come ha già sentenziato un tribunale del Sud Italia, «il fatto non è più previsto come reato».
PARASSITI & BUFALE – Il processo di Torino riguardava il responsabile di un minimarket di Torino sotto accusa per il ritrovamento di alici con larve di anisakis, un parassita che aggredisce il fegato del consumatore. Altre due cause in programma per giovedì subiranno lo stesso destino: rinvio o assoluzione. In ambienti ministeriali circola un parere secondo cui la 283/62 resta in vigore perché contiene un riferimento a un vecchio Testo Unico con disposizioni sugli alimenti. E qualche “esperto” ha definito una “bufala” la notizia che per i cibi avariati non c’è più reato. E lo stessso Calderoli è intervenuto per «rassicurare che le notizie diffuse da alcuni organi di stampa secondo cui sarebbe stata abrogata la legge n. 283 del 1962 in materia di tutela alimentare sono totalmente prive di qualsiasi fondamento». Purtroppo così non è. Una sentenza della Cassazione, terza sezione penale, del marzo 2010 vale più di interpretazioni e pseudo-cavilli: da metà dicembre 2010 la 283 del 1962 è da considerare cancellata. Chi sostiene il contrario allunga soltanto i tempi della vacatio.
CIBI «RINFRESCATI» – Al momento chi “rinfresca” i cibi surgelati cambiando etichetta, chi vende salsa di pomodoro cinese colorata con sostanze cancerogene, chi alleva e vende cozze tossiche, chi adultera vino od olio chimicamente (molti sarebbero gli esempi basta vedere le condanne che annualmente sono riportate in Gazzetta Ufficiale), non solo resta impunito ma nemmeno corre il rischio di una multa. Il procuratore Raffaele Guariniello, noto per le sue inchieste in materia, è al momento costretto a riporre la penna. Non può nemmeno firmare i rinvii a giudizio. E spiega: «La legge del 1962 non è un Testo Unico (si limita a modificare gli articoli di un vecchio testo). E non possiamo permetterci di restare con il problema aperto. È una spada di damocle su tutte le nostre indagini».
SEMPLIFICAZIONI – Strano ma vero, ma proprio quando sembra andare in porto l’etichettatura di origine – martedì 18 gennaio è previsto il via libera definitivo con l’approvazione della commissione della Camera in sede legislativa proprio per accelerare i tempi – chi vende cibo avariato o pesce andato a male la passa franca. E d’altra parte se non si voleva arrivare a questa situazione, senza cercare “furbizie” burocratiche, bastava “salvare” la legge nell’elenco previsto dalla normativa “taglia-leggi” del 2005. Quella del ministro Calderoli per intenderci, quella di semplificazione normativa. Tra gli oltre 170 mila atti normativi aboliti c’è cui anche la legge che punisce chi vende cibi adulterati che prevedeva fino a un mese fa un arresto da tre mesi a un anno o una multa fino a 46 mila euro. Legge che, peraltro, si era già tentato di “depenalizzare” nel 2007. E perché non si tratta di Codice o di Testo Unico?
QUEL CHE RESTA DELLA TUTELA – Vale la pena spiegare che cosa resta in vigore dopo il “Taglia-leggi”. “Rimangono in vigore: a) le disposizioni contenute nel codice civile, nel codice penale, nel codice di procedura civile, nel codice di procedura penale, nel codice della navigazione, comprese le disposizioni preliminari e di attuazione, e in ogni altro testo normativo che rechi nell’epigrafe la denominazione codice ovvero testo unico; b) le disposizioni che disciplinano l’ordinamento degli organi costituzionali e degli organi aventi rilevanza costituzionale, nonché le disposizioni relative all’ordinamento delle magistrature e dell’Avvocatura dello Stato e al riparto della giurisdizione; c) le disposizioni tributarie e di bilancio e quelle concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco; d) le disposizioni che costituiscono adempimenti imposti dalla normativa comunitaria e quelle occorrenti per la ratifica e l’esecuzione di trattati internazionali; e) le disposizioni in materia previdenziale e assistenziale”.
SENZA PENA – Ma la legge 283/1962 si può considerare un “testo normativo che rechi nell’epigrafe la denominazione codice ovvero testo unico” (la “denominazione”, non già la mera “dicitura”, ndr)? E, quindi, non rientrare tra quelle abrogate? Sembrerebbe di sì visto come è intitolata: “Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie…”. Il problema è che gli avvocati difensori, da qui la sentenza della Cassazione, hanno già dato la risposta (prima ancora che la legge venisse abrogata):« La 283/1962 non è un testo normativo che reca in epigrafe la denominazione “testo unico”». In più, desta allarme un’ulteriore considerazione: l’articolo 6 della legge, e cioè la norma che stabilisce le sanzioni penali, è stato modificato dall’articolo 4 della legge 26 febbraio 1963 numero 441, la cui epigrafe recita: «Modifiche ed integrazioni alla legge 30 aprile 1962, n. 283, sulla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande… ». E in questo caso la denominazione “testo unico” non c’è proprio. Quindi l’articolo 6 sarebbe comunque abrogato e i reati non avrebbero pena. Con buona pace dei consumatori e dei produttori onesti.
Corriere.it – Mario Pappagallo – 17 gennaio 2011