Oltre 5000 prodotti “tradizionali” minacciati dall’avanzata del cemento che solo negli ultimi vent’anni ha divorato più di due milioni di ettari coltivati. Eppure questi prodotti sono la spina dorsale dell’enogastronomia italiana.
A lanciare l’allarme sono la la Cia-Confederazione italiana agricoltori e i VAS – Verdi Ambiente e Società Onlus, in occasione del lancio dell’VIII edizione della Giornata nazionale Mangiasano 2013, che si terrà il 18 maggio e che prevede più di 30 iniziative in tutta Italia.I 5000 prodotti agroalimentari tradizionali -sottolineano Cia e VAS- sono autentiche “calamite” per il turismo enogastronomico, un comparto che vale 5 miliardi l’anno. Eppure, di queste specialità della terra una su quattro è in via di estinzione, visto che attualmente è coltivata da non più di 10 aziende agricole che ne custodiscono la memoria. Dalla castagna “ufarella” del casertano al formaggio “rosa camuna” della Valcamonica, dalla fava di Leonforte dell’ennese al sedano nero di Trevi: più di mille sapori ignorati dai canali ufficiali della distribuzione alimentare, che sono anche i più vulnerabili di fronte alla minaccia del consumo di suolo.
L’altra grande insidia alla tipicità “made in Italy” -aggiungono Cia e VAS- sono gli Ogm, di per sé incompatibili con un’agricoltura così fortemente legata alla molteplicità dei luoghi e dei territori della Penisola. Ma non solo: l’omologazione produttiva a cui gli organismi geneticamente modificati conducono è inconciliabile anche con la varietà nutrizionale alla base della nostra dieta mediterranea, dal 2010 patrimonio immateriale dell’umanità. E sono proprio i consumatori ad avere le idee molto chiare su questo: un’indagine Cia dimostra che in Italia sono otto su dieci a non volere Ogm nel piatto. In particolare, il 55 per cento degli intervistati ritiene gli organismi geneticamente modificati dannosi per la salute, mentre il 76 per cento crede semplicemente che siano meno salutari di quelli “normali”.
Hc – 17 maggio 2013