dal Corriere del Veneto. E’ servita la riforma della sanità veneta, che il 6 ottobre 2016 ha ridotto le Usl da 21 a 9, mantenendo le due Aziende ospedaliere di Padova e Verona, oltre all’Istituto oncologico veneto. I bilanci 2017 chiusi il 30 aprile rivelano che, per la prima volta, tutte le aziende hanno centrato l’obiettivo finanziario imposto dalla Regione: sette chiudono i conti in attivo e due, Venezia e Rovigo, hanno raggiunto il «passivo calcolato». «Merito anche dei 150 milioni di quota accentrata del fondo sanitario a inizio aprile ripartiti dalla giunta Zaia tra le Usl per ripianare i bilanci — ammette Adriano Rasi Caldogno, direttore generale dell’Usl 1 di Belluno, salita dai -6,5 milioni del 2016 al +488mila euro attuali —. Noi però abbiamo fatto la nostra parte, con un lavoro di lima più che di accetta e non tagliando alcun servizio al cittadino. L’accorpamento delle Usl ha ridotto i costi generali».
Ottimo risultato anche per l’Usl 2 Marca Trevigiana, volata da -7,9 milioni a +1.490.000. «E senza aiuto della Regione — sottolinea il dg Francesco Benazzi —. La riorganizzazione e la centralizzazione degli acquisti sono state decisive». Festeggia pure Carlo Bramezza, a capo dell’Usl 4 Veneto Orientale: «Per la prima volta nella storia di questa azienda, il conto chiude in attivo. Siamo passati da un passivo di 11 milioni a un +1,8 milioni e senza l’accentrata. Per di più siamo l’unica azienda sanitaria lasciata inalterata dalla riforma e addirittura ingrandita con l’estensione a Cavallino Treporti. Il nostro segreto? Il lavoro di squadra e l’aumento della produttività, soprattutto in chirurgia, con un incremento di oltre 500 interventi, cresciuti a 13.924, contro i 13.417 del 2016». In rimonta l’Usl Polesana, che ha ridotto il «rosso» da 23 a 14,8 milioni. «Abbiamo ricevuto 8 milioni dalla Regione — ammette il dg Antonio Compostella — in più ogni anno, dal 2013, abbiamo recuperato terreno. Ci penalizza la zavorra del passato».
Ma la «ripartenza» più sostanziosa appartiene all’Usl 9 Scaligera, che cancella il -39,8 milioni del 2016 con un attivo di 10,4 milioni. «Si tratta di una storica inversione di tendenza — conferma il direttore generale Pietro Girardi — un risultato raggiunto grazie all’aiuto di Palazzo Balbi ma che è anche frutto del lavoro di squadra del personale e degli stockholders. Tutti uniti nel perseguire gli obiettivi indicati dalla Regione».
Meno bene solo Venezia (da -70 a -68,7 milioni), che almeno non ha ulteriormente aumentato il passivo.
Il Corriere del Veneto – 3 maggio 2018