Il lavoratore/creditore che voglia ottenere i danni derivanti dalla perdita di chance ha l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta. Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza 21678/13. Con ricorso al Giudice del lavoro, alcuni dipendenti del Ministero della Giustizia avevano convenuto in giudizio l’Amministrazione per ottenere il risarcimento del danno subito per il mancato svolgimento delle procedure di riqualificazione e dei corsi–concorso previsti dal c.c.n.l. del comparto ministeri
Il quale prevedeva che i passaggi entro l’area professionale e tra le aree avvenissero mediante procedure selettive volte all’accertamento dell’idoneità e della professionalità richieste. La Corte d’Appello non aveva ritenuto provato il danno da perdita di chance, rilevando che i ricorrenti non avevano provato, neppure in via presuntiva e probabilistica, né la concreta possibilità di essere selezionati, né il nesso causale tra inadempimento e evento dannoso. Contro tale decisione, i dipendenti hanno presentato ricorso per cassazione, lamentando che la Corte distrettuale avrebbe formulato il giudizio di infondatezza della domanda senza considerare che il danno dei ricorrenti poteva concretizzarsi solo nella perdita della chance, essendo logicamente possibile non la prova di essere in condizione di vincere la selezione, ma solo quella di avere la probabilità di superarla, ove bandita. Per la Suprema Corte il ricorso è infondato. Indimostrato il nesso causale tra l’inadempimento e le chances di progressione. Gli Ermellini hanno ribadito la necessità dell’allegazione e della prova di quegli elementi di fatto idonei a far ritenere che il regolare svolgimento della procedura selettiva avrebbe comportato una concreta, effettiva e non ipotetica probabilità di conseguire la promozione. Infatti, le Sezioni Unite hanno voluto dare continuità a questo orientamento, pur con riferimento alla singolarità della fattispecie in considerazione. Il giudice di merito aveva ritenuto non assolto tale onere probatorio, rilevando che per alcuni dei ricorrenti non è stato neppure provato che avessero proposto domanda per almeno una delle procedure avviate e che in ogni caso è indimostrato il nesso causale tra l’inadempimento e le chances di progressione professionale rivendicate. Piazza Cavour, dato il giudizio espresso dal giudice di merito – con accertamento congruamente articolato e non censurabile in sede di legittimità – ha rigettato il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it – 9 gennaio 2014