Tajani: sono contrario . Mal di pancia anche in parte del Pd che sarebbe favorevole alla riforma
Il terzo mandato fa litigare tutti. Fratelli d’Italia e la Lega se le danno in pubblico. Il Pd bisticcia e un pezzo del partito strizza l’occhio al Carroccio. Nel caos che coinvolge maggioranza e opposizione la ministra Daniela Santanché predica calma: «Il centrodestra troverà una quadra», assicura. Il doppio schiaffo di FdI al partito di Matteo Salvini però si sente nitido: «Non c’è nessuna urgenza», dice Tommaso Foti. E in Veneto Luca De Carlo mette nel mirino il posto di Luca Zaia: «Io sono pronto» a fare il governatore, «deciderà Giorgia Meloni». Intanto, slitta alla prossima settimana l’esame dell’emendamento leghista che introduce il terzo mandato per i sindaci dei comuni oltre i 15mila abitanti (quelli dei piccoli comuni lo possono già fare) e i presidenti di regione.
L’allungamento dei tempi è una mossa del partito di Meloni, mal accolta dalla Lega. «Ritengo che allo stato attuale – sottolinea Foti – non sia possibile riconoscere i requisiti di necessità e urgenza che dovrebbero portare la politica a pronunciarsi in un senso o nell’altro». Palla in tribuna. O peggio ancora, per dirla con Davide Faraone (Iv): «Un altro potentissimo schiaffo agli “alleati” della Lega, altro che sfumature».
Il partito di Matteo Salvini replica duramente. «C’è un gioco di FdI a non volerci dare il terzo mandato per i governatori», denuncia il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. «Io sono per l’abolizione dei limiti a tutti i mandati – aggiunge il vicesegretario Andrea Crippa – noi andiamo avanti: abbiamo presentato l’emendamento, dopodiché vediamo se la maggioranza è d’accordo o no. Io non ho capito perché non sono d’accordo: perché De Carlo vuole fare il presidente del Veneto?».
Frena anche Antonio Tajani, in quello che sembra un asse con Meloni e FdI. Sul terzo mandato «per i governatori sono contrario», dice intervistato da Rtl 102.5. «Per i sindaci dei comuni fino a 15.000 abitanti va bene, si può arrivare al terzo mandato, ma per quanto riguarda i governatori… Diventa troppo lungo, in democrazia serve alternanza, serve cambiare, è giusto che vi sia un limite ai mandati».
La discussione approda anche nel Partito democratico e apre una crepa. La componente rappresentata dagli amministratori locali è favorevole al terzo mandato. Dario Nardella, Eugenio Giani, Matteo Ricci: tutti parlano apertamente a favore. Francesco Boccia, però, esterna il “no” della segreteria: il terzo mandato creerebbe «dei satrapi», osserva. Un ragionamento che non piace a Mattia Palazzi, primo cittadino di Mantova: «Quali satrapi, Boccia rispetti i sindaci». Anche Ricci prende le distanze: «La sua non può essere la linea ufficiale del Pd». Una scaramuccia che non passa inosservata dalle parti del Carroccio. «Gli amministratori dem si ribellano ai ras romani del partito come Boccia e difendono la dignità dei sindaci. Plaudiamo al primo cittadino di Mantova Mattia Palazzi», strizza l’occhio la deputata Simonetta Matone.
Intanto, si complica l’esame del ddl Casellati sul premierato, con due emendamenti di Marcello Pera. Non è il numero che spaventa, ma il fatto stesso che l’autorevole ex presidente del Senato abbia rotto il patto nella maggioranza di non presentare proposte di modifica. I due testi aumentano i poteri del presidente della Repubblica e quelli dell’opposizione, prevedendo la figura del capo dell’opposizione, eletto in Parlamento e i cui poteri entrano ufficialmente nei regolamenti delle Camere. —