Il Corriere della Sera. Con «centomila nuovi contagi nelle ultime 24 ore» tra Ue e Regno Unito, così ha riferito ieri il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l’Europa è alle prese con una seconda ondata di coronavirus. A Est Repubblica Ceca e Polonia offrono gli scenari più allarmanti, a Ovest Francia, Paesi Bassi e Spagna registrano le curve d’infezione più ripide, e molti Paesi si preparano a nuove chiusure.
Non senza tensioni: nuove linee guida dell’Oms per i governi parlano di «Covid-19 fatigue», «stanchezza da Covid», ossia difficoltà da parte delle opinioni pubbliche ad accettare una seconda possibile ondata di restrizioni. Come in Spagna, dove è in corso una «guerra politica» tra le autorità locali di Madrid e il governo socialista che ha imposto un nuovo lockdown; o nei Paesi Bassi, dove il libertario premier Rutte si è trovato a rimproverare i cittadini, restii a infilare la mascherina.
Ma i numeri parlano chiaro: in 24 ore, tra venerdì e ieri, Ue e Regno Unito hanno registrato il record di 94.508 nuovi casi. Gli indicatori più netti dell’intensità della seconda ondata sono due: i nuovi casi in 24 ore e il tasso di nuovi contagi su 100 mila persone in 14 giorni. I Paesi in cima a entrambe le classifiche sono gli stessi: Francia (che ieri ha battuto il record di più di 20 mila casi in un giorno solo, mai registrati dall’inizio della pandemia), Spagna, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi.
L’impennata più grave è in Francia, dove da ieri sono in stato di «massima allerta» — come già Marsiglia, Parigi e Aix-en-Provence — anche Lione, Lille, Grenoble, Saint-Etienne. Per tutte chiusura dei bar e stretta sui ristoranti, misure che sono sembrate giovare a Marsiglia e Aix dove vigono da un mese.
Il premier olandese Mark Rutte per tutta la prima ondata è stato parco nell’imporre restrizioni ai suoi cittadini, che spesso ha definito «un popolo di persone adulte, che amano essere trattate come tali»: ieri, nel pieno di un fine settimana da 6.500 contagi al giorno, ha ricordato che «data la generale disobbedienza alle regole base», come l’uso della mascherina, «non sfuggiremo» a un inasprimento delle restrizioni.
Boom di casi anche in Portogallo, che ieri ha comunicato il numero di nuovi contagi in 24 ore più alto dall’inizio della pandemia, 1.646; a Berlino, dove da ieri è in vigore il coprifuoco sulla vita notturna; in Polonia, dove è stato battuto il quarto «record» giornaliero di fila con 5.300 casi in 24 ore, e se le scuole restano aperte sono stati introdotti invece orari speciali per gli anziani nei negozi, e altre limitazioni alla vita pubblica.
E infine, in Repubblica Ceca: le scene di giugno a Praga, quando un tavolo di cinquecento metri fu imbandito sul Ponte Carlo per una cena al sacco di cittadini che volevano dire «addio al Covid», sembrano ora molto lontane. In 24 ore il Paese ha registrato 8.617 nuovi contagi, una situazione definita dal governo «molto grave». La scorsa settimana si è votato con le mascherine, ma da domani le misure saranno più dure, con chiusura di teatri, cinema, stadi e musei. E il premier Andrej Babis ha detto di non escludere un lockdown generale. Stesso clima in Slovacchia: 1.887 casi in 24 ore, 700 più di venerdì, nuove restrizioni in arrivo.
Resta chiusa Madrid, dove lo «stato di allarme» è stato proclamato venerdì dal governo centrale e 7 mila poliziotti sono per le strade della capitale; la governatrice locale di centrodestra Isabel Diaz Ayuso aveva sostenuto altre misure, meno drastiche, e si è vista imporre il parziale lockdown dal presidente Sanchez, che ha lanciato ieri un appello «all’unità». Ma contro lo «stato d’allarme» il leader dell’ultradestra di Vox, Santiago Abascal, ha annunciato un ricorso alla Corte costituzionale.