I default di welfare e sanità è diventato uno degli incubi che popolano le notti dei cittadini. La continua caccia alla sostenibilità a colpi di tagli e risparmi si fa sentire
Sul Ssn e sui pazienti che accedono ai suoi servizi. Tanto che per quasi un italiano su tre – uno su due se si considera solo chi abita al Sud – prestazioni e cure sono sensibilmente peggiorate negli ultimi due anni. Insomma i continui sacrifici sono diventati insostenibili e si fanno sentire sulla qualità dell’assistenza. Quanto potrà resistere ancora – si chiedono i cittadini – il Welfare come l’abbiamo conosciuto finora?
A raccontare il pessimismo degli italiani sullo stato di salute del nostro Servizio sanitario e dell’assistenza sociale è il Censis nel suo 45° rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, presentato questa mattina a Roma. Che fotografa bene gli umori degli italiani smentendo, almeno per ora, il “mantra” tanto abusato negli ultimi tempi secondo il quale chi spende meno spende meglio. Il rapporto spiega, invece, come «minore spesa oggi non vuol dire migliore spesa». Anzi: «La cura a cui è sottoposto il Servizio sanitario agli occhi dei cittadini italiani non sta generando effetti positivi, visto che nell’ultimo biennio i dati dell’indagine Forum per la Ricerca Biomedica-Censis indicano che è solo l’11% a ritenere migliorato il Servizio sanitario della propria Regione, quasi il 29% ha registrato un peggioramento e circa il 60% una sua sostanziale stabilità». Guarda caso il giudizio negativo si concentra soprattutto lì dove si è tirata di più la cinghia e cioè nelle Regioni sottoposte a piani di rientro che dal 2001 al 2010 hanno registrato un incremento della spesa del 19%, contro il +26,9% del resto delle Regioni. Addirittura nel 2006-2011 le Regioni col piano di rientro hanno ridotto la spesa in termini reali dello 0,6%, mentre le altre Regioni hanno avuto un aumento di oltre il 9 per cento.
«È evidente dai dati – scrive il Censis – che in alcune delle Regioni finanziariamente in maggiore difficoltà le briglie più strette sulla spesa sanitaria pubblica cominciano a vedersi, e la corsa insostenibile verso l’alto è al momento bloccata». Una corsa bloccata che tra l’altro sembra ancora oggi cristallizzare il divario delle performance regionali, «tanto che nelle Regioni del Mezzogiorno – aggiunge il Censis – è più alta la percentuale di cittadini che parla di un suo peggioramento negli ultimi due anni; inoltre, dagli ospedali ai laboratori di analisi, ai medici specialisti, sino agli uffici delle Asl, nel Sud e isole continuano a esserci quote più alte di cittadini rispetto al resto d’Italia che li valutano come inadeguati». Da qui i timori per il futuro della nostra Sanità. Due le grandi paure che attanagliano i cittadini: un’accentuazione delle differenze di qualità tra le Sanità regionali (35,2%) e che l’interferenza della politica danneggi in modo irreparabile la qualità della Sanità (35%). Seguono poi i timori che i problemi di disavanzo rendano indispensabili dei robusti tagli all’offerta (21,8%), che non si sviluppino le tipologie di strutture e servizi necessarie, come l’assistenza domiciliare territoriale (18%) e che, infine, l’invecchiamento e la diffusione delle patologie croniche producano un intasamento delle strutture e dei servizi (16,3%).
Per questo il Censis si dice convinto che per rispondere alle attese dei cittadini, «le dinamiche future del Servizio sanitario regionalizzato, emancipato dall’eccesso di vincoli della politica, devono rispondere adeguatamente alla duplice esigenza di garantire la sostenibilità finanziaria e al contempo dare a tutti i cittadini, ovunque risiedano, la qualità attesa».
ilsole24ore.com – 2 dicembre 2011