Sul sito della Corte dei conti è stata pubblicata quattro giorni fa la delibera relativa al controllo sul recente Ccnl dell’Area Sanità. L’occasione di commentare questo atto consente di fare il punto sulla attuale situazione della contrattazione collettiva del personale del Ssn, complessivamente intesa. La delibera in questione era attesa da tre mesi e mezzo perché quando il 16 gennaio scorso venne emesso il comunicato ufficiale si precisava che le sezioni riunite avevano deliberato “pervenendo alla positiva certificazione pur con le osservazioni contenute nel rapporto allegato alla deliberazione, in corso di stesura”.
La delibera N. 34/SSRRCO/CCN/2024 depositata il 2 maggio – il cui relatore è stato Sergio Gasparrini, già Presidente dell’Aran – consta di 22 pagine corredate da sette Tavole molto esaurienti. Vediamo in breve sintesi le osservazioni dell’Organo contabile, precisando tuttavia che si tratta di mere segnalazioni di natura ricognitiva che possono semmai servire per una più completa comprensione del testo contrattuale. Ben altre sono state le condizioni perentorie imposte dal Mef in sede di parere: la modifica, in sede di sottoscrizione definitiva, degli artt. 22, 85 (mi sembra che in realtà si trattasse dell’art. 86) e 89 e lo stralcio della Dichiarazione congiunta n. 5. Riguardo a quanto rappresentato dalla Corte, mi sembra interessante la ricostruzione fatta nel paragrafo 14 delle risorse finanziarie per l’Area della Sanità. Anche il paragrafo 17.4 appare produttivo perché vi si precisa una cosa che non era così chiara e lineare nel testo del contratto e cioè che “quanto al periodo di prova (art. 16) è stata eliminata l’aspettativa senza retribuzione di cui all’art. 10 del Ccnl del 10.2.2004 e sostituita con la conservazione del posto di lavoro, nei casi previsti dalla disposizione in esame”. Nel paragrafo 21 è illuminante leggere che “il rappresentante del Mef ha dichiarato che il Tavolo predetto ha verificato positivamente gli esiti del controllo degli accantonamenti per i rinnovi contrattuali per il triennio 2019-2021”, affermazione che assicura che i soldi per il rinnovo “ci sono”. Infine, meno positivo è aver avuto conferma di una realtà ben nota. Nel paragrafo 24 si puntualizza che “la spesa per il pubblico impiego, che nel 2010 si assestava intorno ai 172,5 miliardi, a seguito del blocco della contrattazione e del turn-over, ha toccato il minimo nel 2015 (162 miliardi), con un decremento, nel quinquennio, del 6 per cento”; e, come è noto, quelle risorse perse non si recupereranno più.
Passiamo allo stato dell’arte del Comparto che è il più avanzato e sta già trattando il triennio 2022/2024, anche se a soli ormai sette mesi dalla sua scadenza. Le trattative sono iniziate il 20 marzo scorso, sono proseguite il 17 aprile e la prossima convocazione è prevista per il 7 maggio. Riguardo ai contenuti e alle principali tematiche del rinnovo in corso, si è già trattato su questo sito dell’Atto di indirizzo (il 18 marzo) e delle criticità specifiche (il 17 aprile). Esiste una bozza del testo contrattuale che viene aggiornata ad ogni incontro. A parte alcune integrazioni e modifiche ai contratti precedenti, si rilevano ad oggi le seguenti proposte di innovazioni del tutto originali. Viene istituito il profilo di Educatore socio pedagogico, riprendendo il contenuto della dichiarazione congiunta n. 7 del 2022 che, all’epoca, appariva piuttosto generica e incomprensibile. La clausola contrattuale dovrà comunque essere coordinata con la legge 15 aprile 2024, n. 55 che entrerà in vigore il prossimo 8 maggio. Vengono introdotti due articoli specifici sulle prestazioni aggiuntive e sulla disciplina delle ferie fruibili ad ore; entrambe le norme erano presenti come indicazioni nell’Atto di indirizzo del Comitato di settore. Nell’Allegato sembra che venga finalmente corretto l’errore contenuto nel precedente Allegato relativamente alla presenza tra le professioni sanitarie di tre figure estranee.
E finalmente arriviamo ai dirigenti professionali, tecnici e amministrativi nei cui confronti regna il più assoluto mistero. Infatti, della Preintesa siglata l’11 dicembre 2024 si sono perse le tracce e un periodo di latenza di cinque mesi costituisce un record, secondo soltanto ai sette mesi intercorsi per la firma definitiva del Ccnl dei collaboratori di ricerca, avvenuta il 21 febbraio 2024. Ma in quel caso i problemi connessi al rinnovo erano molto complessi e, in ogni caso, non è detto che tale record non venga battuto. I motivi della lunga attesa della stipula non si conoscono ufficialmente ma è plausibile che dovrebbero farsi risalire al controllo da parte del Mef. Nel merito, sembra che le osservazioni non riguardino – almeno in parte – la sezione dedicata alla dirigenza Pta ma quella dei segretari.
Il Sole 24 Ore – Stefano Simonetti