di Paolo Del Bufalo. Bene i precari, attenzione a “rigurgiti” di rottamazione per gli ultra-sessantacinquenni. Ma la barra del sindacato resta puntata sul rinnovo del contratto, anche per ora solo normativo: «E’ inevitabile, a maggior ragione oggi che proprio con il decreto legge si introducono novità la cui sede naturale sono i contratti, rivederli e attualizzarli anche alla luce delle varie leggi che dal 2009 a oggi hanno cambiato, troppo spesso in modo unilaterale, il panorama del lavoro sanitario e di quello medico in particolare».
Giorgio Cavallero, vice segretario nazionale dell’Anaao fa il punto a Il Sole-24 Ore Sanità on line sulle ultime novità che coinvolgono i medici. E guarda avanti, a un autunno sicuramente caldissimo per la sanità. Ricordando che per i medici «sta scadendo la pazienza» e che i tempi sono ormai stretti: entro l’autunno servono risposte politiche forti «altrimenti siamo pronti a far valere le nostre richieste», sottolinea con forza.
Dottor Cavallero, la tensione non cala, ma anche quella dei precari però era una delle priorità che avevate indicato in occasione dello sciopero di luglio.
Certo. Ma è servito comunque un forte pressing perché si inserissero in extremis quelle parole che hanno allargato gli effetti del decreto anche alla dirigenza del Ssn, nulla era scontato. Una norma inevitabile direi che interrompe una situazione storica per cui si utilizza indifferentemente il lavoro atipico e quello ordinario, una discriminazione che ha colpito finora dignità e lavoro.
Col decreto si è aperto un altro fronte: quello delle pensioni d’obbligo a 65 anni. Una neo-rottamazione…
Si tratta di una contraddizione con la legge 183/2011 che concede ai medici di andare in pensione a 70 anni perché fissa il tetto a 40 ani di servizio effettivo che non sempre si raggiunge a 65. In questo modo è inevitabile un contenzioso con quelle aziende che dovessero pensare di applicare la nuova norma, subito efficace in quanto fissata con un decreto legge. Ci sono anche contratti individuali basati sulla 183 da rispettare e la legge non può interferire con questi. Un conflitto tra due legge che mi auguro si risolva presto. E soprattutto speriamo che nel periodo della conversione in legge del Dl abbia il sopravvento il buon senso delle aziende, evitando misure in conflitto con la legge 183.
Perché i medici devono essere diversi dagli altri?
Non sono i medici a esserlo, è la professione che svolgono che lo è. La formazione necessaria è lunga e accorcia il periodo di permanenza in sevizio che così si ridurrebbe ancora di più a scapito della pensione, le attese dei pazienti sono spesso di interventi che non possono cambiare protagonisti all’ultimo momento per il cambio d’età. Ma soprattutto non si possono e non si devono modificare le regole in corso d’opera.
Un problema in più quindi.
Si tratta di una battaglia minimale in realtà, da non enfatizzare rispetto a quelle più grandi sul precariato e per riaprire il contratto, ma vorrei comunque ricordare che non è automatico, se oggi si pensiona d’obbligo un medico a 65 anni, che domani se ne assuma un altro per sostituirlo e se manca il personale si riduce l’assistenza. Questo è il rischio vero.
Il sindacato darà battaglia anche su questo?
I sindacati fanno il loro mestiere e devono difendere chi vuole smettere di lavorare – cosa che comunque il decreto concede volontariamente solo agli statali con un periodo extra di applicazione della legge pre-Fornero – ma anche chi vorrebbe iniziare, volontà a quanto pare al momento ben più difficile da realizzare.
Torniamo ai contratti.
Sono la vera priorità per i sindacati. Le stesse norme appena approvate dovrebbero trovare spazio in una revisione omogenea degli accordi . Così come quelle approvate con la legge 189/2012 (legge Balduzzi) devono “modificare” comunque le convenzioni. Gli argomenti non economici non mancano davvero: formazione, formazione lavoro, recepimento di tutte le leggi che hanno messo mano ai contratti in questi ultimi anni. Una manutenzione necessaria.
Si è parlato però anche di progressioni economiche al momento dello sciopero.
Non abbiamo mai contestato l’assenza di risorse nuove e nazionali in questi mesi, ma abbiamo fatto riferimento solo a quelle “vecchie” di contratti passati. Il blocco deve riguardare ciò che si dovrebbe aggiungere ex novo, non quello che c’è già e andrebbe solo amministrato per non bloccare numerosi istituti previsti dai precedenti accordi. Al contrario del resto del pubblico impiego, abbiamo scommesso molto sulla retribuzione variabile che invece ora è rimasta inopportunamente congelata assieme a quella fissa.
Medici pronti al contratto quindi.
La questione non è così semplice e immediata. Per farlo dobbiamo chiudere prima l’accordo sulle aree di contrattazione e in questo senso serve una modifica alla riforma Brunetta (Dlgs 150/2009), altrimenti la sanità non avrà mai una sua area. Senza modifica oggi non abbiamo di fatto nemmeno il tavolo e sedie dove sederci …
Al momento dello sciopero di luglio avete anche minacciato nuove azioni se non vi avessero ascoltato …
La pazienza ha un limite e di sacrifici ne abbiamo già fatti abbastanza. Ora vogliamo più considerazione e che sia messo rapidamente nell’agenda politica del Governo anche il rinnovo del contratto: non si è mai vista una vacanza di cinque anni. E vogliamo anche partecipare alla stesura del nuovo Patto per la salute, essenziale anche per la necessaria revisione degli standard ospedalieri. Ma prima di tutto serve una programmazione chiara e immediata su come si intende procedere: il Governo deve risponderci in fretta, non si può andare oltre l’autunno né si può ancora nascondere la testa sotto la sabbia. Noi siamo sempre pronti a far valere le nostre richieste.
Il Sole 24 Ore sanità – 28 agosto 2013