L’estensione del cumulo contributivo anche alle Casse dei libero professionisti forse andrebbe rivisto. È quanto è emerso a margine del convegno Tuttopensioni 2017 di lunedì scorso.
Fino al 31 dicembre 2016, i periodi accreditati presso tali Casse potevano essere utilizzati per la ricongiunzione onerosa (legge 45/1990) o per la totalizzazione nazionale (Dlgs 42/2006). In quest’ultimo caso, in assenza di un diritto autonomo in una delle gestioni interessate dalla totalizzazione, i pro rata di pensione venivano calcolati con il sistema contributivo, in luogo di quello retributivo o misto che sarebbe dovuto essere applicato in funzione del collocamento temporale delle retribuzioni.
Con la legge di bilancio 2017, nell’ambito dei periodi per i quali è possibile “cumulare” sono state ricomprese anche le Casse professionali e l’opzione è possibile anche se si è raggiunto il diritto a pensione di vecchiaia in una delle gestioni interessate. L’altro aspetto di particolare rilevanza riguarda la possibilità di accedere al cumulo anche in presenza delle anzianità contributive richieste dalla riforma del 2011 per la pensione anticipata e cioè 41 anni e dieci mesi per le donne, 42 anni e dieci mesi per gli uomini.
Tali novità potrebbero comportare un problema di sostenibilità finanziaria delle Casse, poiché potrebbero essere chiamate a erogare prestazioni pensionistiche in anticipo rispetto ai regolamenti interni, applicando criteri di calcolo di vantaggio per il pensionato. Nel cumulo, in generale, ogni gestione liquida un pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole previste da ciascun ordinamento. In tale contesto le Casse hanno una disciplina a sé e gli accessi ai trattamenti pensionistici differiscono in funzione della professione svolta.
I correttivi apportati alla normativa sul cumulo lasciano aperte alcune problematiche che dovranno essere risolte a breve con riferimento all’utilizzo di tali contributi. C’è infatti la possibilità di cumulare con i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla riforma del 2011, la quale stabilisce che dal 2018 saranno richiesti, indipendentemente dal genere e dal settore di appartenenza, 66 anni e sette mesi di età con un minimo di venti anni di contributi. Tuttavia, nel prosieguo del testo normativo, viene stabilito che il diritto al trattamento di pensione di vecchiaia è conseguito in presenza dei requisiti anagrafici e di contribuzione più elevati tra quelli previsti dai rispettivi ordinamenti che disciplinano le gestioni interessate all’esercizio della facoltà di cumulo.
È evidente che la maggior parte delle Casse professionali presenta limiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia ben superiori a quelli richiesti dalla previdenza obbligatoria pubblica. In questo caso occorrerà stabilire se l’accesso al trattamento pensionistico si conseguirà con i requisiti generali oppure con quelli settoriali. Non pare ipotizzabile una pensione “a due decorrenze” per l’evidente motivo che la pensione conseguita in regime di cumulo, dovendo avere a oggetto tutti e per intero i periodi assicurativi accreditati presso le diverse gestioni, è considerata come se fosse un unico trattamento pensionistico, messo in pagamento dall’Inps, il quale si attiverà presso le altre e diverse gestioni previdenziali al fine di recuperare quanto anticipato. Inoltre le quote di pensione successive al 2011 dovrebbero essere calcolate con il sistema contributivo, ma talune Casse sono ancora in un sistema (integralmente o parzialmente) retributivo.
I lavoratori non iscritti alle Casse che hanno ricongiunzioni in corso di pagamento potranno chiedere la restituzione di quanto già versato. Il rimborso avverrà in quattro rate annuali, di cui la prima decorrente dodici mesi dopo la richiesta di rimborso. La restituzione è ammessa qualora non sia stato pagato integralmente l’importo e non sia stata liquidata una pensione considerando i periodi oggetto di ricongiunzione. Al momento la norma non contempla la restituzione dei contributi se sono coinvolte le Casse. I soggetti che hanno presentato domanda di totalizzazione possono rinunciare alla stessa (e accedere al cumulo) a condizione che il relativo procedimento non sia ancora concluso.
Fabio Venanzi – IL Sole 24 Ore – 25 gennaio 2017