Al lavoratore vanno versate le differenze retributive per la mansione superiore svolta a prescindere dal suo diritto a una promozione. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 22438 (si legga il testo sul sito di Guida al diritto) accoglie il ricorso del direttore di un carcere che aveva, di fatto, svolto per oltre cinque anni un ruolo dirigenziale pur essendo inquadrato come funzionario. Il diverso profilo professionale. Le rivendicazioni economiche del lavoratore erano state accolte dai giudici di primo grado per essere però, subito dopo, respinte dalla Corte d’Appello. Per i giudici di seconda istanza la qualifica di dirigente non poteva in nessun modo essere considerata superiore a quella di funzionario trattandosi di status e ruoli assolutamente differenti e non inquadrabili nella stessa scala gerarchica.
Decisamente più fortunato l’esito del ricorso in Cassazione, grazie agli ermellini che negano l’esistenza di un “compartimento stagno” tra i due ruoli per quanto riguarda il diritto a ottenere le differenze retributive. Il collegio di piazza Cavour chiarisce, infatti, che il ricorrente non chiedeva la qualifica, ma dei soldi che senz’altro gli spettavano. Impropriamente, infatti, la Corte d’Appello aveva basato il suo no sull’articolo 52 del Dlgs 152/2001 che, al comma 1, stabilisce che «l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione a incarichi di direzione».
Retribuzione slegata dallo status
Se i giudici di secondo grado avessero avuto la “pazienza” di scorrere ancora la stessa norma avrebbero visto che, il comma 5, prevede da un lato la nullità delle assegnazioni a mansioni proprie di una qualifica superiore al di fuori dei casi espressamente consentiti affermando al tempo stesso il diritto del lavoratore a incassare le differenze retributive per l’attività svolta. Una conclusione contraria – afferma la Suprema Corte – sarebbe in contraddizione con la ratio della legge che è quella di assicurare comunque, anche in assenza di una possibilità di “scalare” l’organico, la retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato. La teoria dei “vasi non comunicanti” affermata dalla Corte d’Appello non può portare “all’esito abnorme” – chiudono i giudici della sezione lavoro – di considerare la garanzia applicabile a chi ha svolto mansioni anche di poco superiori nell’ambito dello stesso livello contrattuale negandola invece a chi ha avuto compiti di maggiore rilievo pur avendo un altro profilo professionale
Ilsole24ore.com – 27 ottobre 2011