La pubbica amministrazione nel conferire incarichi di posizioni organizzative può legittimamente inserire dei criteri di accesso, purché essi siano conformi alla contrattazione collettiva.
Il caso riguarda un caposervizio addetto alla manutenzione stradale di un Comune, che aspirava a ricoprire uno degli incarichi per i quali venivano richiesti il possesso del diploma di laurea e l’inquadramento nella categoria D3, due requisiti da lui non posseduti. Il caposervizio, ritenendo che la previsione di tali criteri lo escludesse illegittimamente dall’attribuzione della posizione organizzativa, tenuto anche conto delle mansioni che aveva ricoperto, aveva fatto ricorso prima al Tribunale di Macerata, che aveva respinto l’istanza, poi alla Corte d’appello, la quale aveva confermato quanto deciso in primo grado
Nell’esaminare i motivi di ricorso, la Cassazione, con sentenza 19223 pubblicata lo scorso 11 settembre, preliminarmente non manca di ribadire un principio, ormai acquisito, che qualificail bando di selezione per il conferimento delle posizioni organizzative non comeatto amministrativo, ma come atto assunto conle capacità ei poteri del privato datore di lavoro (ex art. 5, comma 2 del Dlgs 165/01). La decisione in merito ai criteri da assumere ai fini dell’attribuzione delle posizioni organizzative costituisce, pertanto, un atto di gestione che afferisce alla sfera di discrezionalità del datore di lavoro.
Tale discrezionalità non può, tuttavia, trasformarsi in arbitrio e per questo non solo la scelta del soggetto a cui conferire l’incarico non può prescindere da una valutazione comparativa degli aspiranti (Cass. Civ. Sez. Lav. 16 luglio 2014 n. 16247), ma anche i criteri assunti ai fini dell’attribuzione della posizione organizzativa sono sottoposti al limite del rispetto dei principi di correttezza e buona fede che presiedono
La pubblica amministrazione nel conferire incarichi di posizione organizzativa può legittimamente inserire allo svolgimento del rapporto di lavoro (articoli 1175 e 1375 c.c.).
Nel verificare se, nel caso di specie, si fosse agito conformementea tali principi i giudici di legittimità fanno salva la decisione dell’ente convenuto.
Tra i criteri che l’articolo 9, comma 2 del ccnl del comparto Regioni-Autonomie locali prevede ai fini del conferimento delle posizioni organizzative viene indicato, infatti, anche quello relativo ai «requisiti culturali posseduti». La valorizzazione del possesso della laurea e dell’inquadramento nella categoria D3 risulterebbe quindi conforme ai criteri indicati dalla contrattazione collettiva e ciò varrebbe ad escludere, secondo la Corte, che nel caso in esame abbia potuto verificarsi una violazione dei principi di correttezza e buona fede a danno del ricorrente.
Nell’indicare i criteri peril conferimento degli incarichi di posizione organizzativa, il contratto collettivo connette, tuttavia, la loro concreta regolamentazione da parte degli enti «rispetto alle funzioni e alle attività da svolgere». C’è da chiedersi, allora, se nel caso di specie la restrizione ai soli soggetti in possesso di laurea e inquadrati nella categoria D3 fosse realmente giustificabile in relazione all’oggetto dell’incarico di posizione organizzativa che si andava ad assegnare.
Ma è questo un aspetto che avrebbe dovuto essere oggetto di specifiche allegazioni edi comprovate circostanze da parte del ricorrente nei pregressi gradi di merito, nonpiù valutabile, qualora non tempestivamente dedotto, in sede di legittimità.
Il Sole 24 Ore – 3 ottobre 2014