Il rappresentante sindacale, nell’esercizio della sua funzione, può legittimamente criticare l’operato della direzione purchè «gli attacchi non siano gratuiti ad personam». Lo ha ribadito la Cassazione (7633/12) che ha annullato «perchè il fatto non costituisce reato» una condanna per diffamazione inflitta ad un sindacalista che aveva preso le difese di un agente di polizia nei confronti del quale il commissario capo aveva disposto un’ispezione del computer, ipotizzando che questa condotta potesse anche avere estremi penali. Condannato per diffamazione dal Tribunale di Belluno, il sindacalista è stato assolto dalla Cassazione. Per la Suprema Corte «le espressioni oggettivamente offensive contenute nello scritto erano tutte funzionali all’iniziativa sindacale»
E in aggiunta «in sintonia con i pertinenti moduli espressivi che non debordavano dai limiti dell’esercizio del relativo diritto per risolversi in attacchi gratuiti ad personam». Le accuse messe per iscritto «rientravano certamente nei limiti dell’attività di rappresentanza sindacale che tra i suoi compiti annovera anche quello della denuncia di situazioni, fatti o condotte ritenute non in linea con i doveri istituzionali».
lastampa.it – 29 febbario 2012