Le linee-guida e i protocolli non sono vincolanti, ma orientano il sanitario la cui condotta, una volta che a queste si adegua, «non può essere definita imprudente, né tantomeno imperita».
La Cassazione, nella sentenza 23146/12, fa anche delle precisazioni sull’ammissibilità del ricorso per cassazione presentato dalla parte civile. Infatti, l’impugnazione viene dichiarata «inammissibile se non contiene un espresso e diretto riferimento agli effetti civili che vuol conseguire».
Il caso
Un direttore dell’Unità Operativa di Oculistica e due medici del reparto venivano assolti, con la formula perché il fatto non sussiste, dal reato di lesioni colpose consistite (secondo l’accusa) in negligenza e imperizia, in particolare per aver omesso di effettuare un trattamento chirurgico tempestivo e adeguato al caso clinico, autorizzando una dimissione intempestiva del paziente, che causava a quest’ultimo un indebolimento permanente della funzione visiva dell’occhio destro.
La parte lesa, costituitasi parte civile in primo grado, proponeva appello che, però, confermava l’impugnata decisione.
La condotta dei sanitari è rispondente alla migliore scienza medica. Secondo la Corte d’appello, infatti, «risultavano condivisibili le conclusioni dei consulenti della difesa degli imputati, i quali avevano sostenuto che la condotta sanitaria posta in essere doveva considerarsi rispondente alla migliore scienza medica». In effetti, secondo le linee-guida – in casi come quello di specie – la prima terapia, non invasiva, da approntare deve ritenersi quella farmacologica e, solo in caso di necessità, proseguire con un intervento poco invasivo. Proprio in questa maniera hanno agito i medici, riportando la pressione oculare ad un valore accettabile e, comunque, destinato a diminuire ulteriormente con l’utilizzo dei farmaci, almeno secondo le indicazioni della migliore scienza medica.
Le linee-guida non sono vincolanti. I giudici distrettuali affermavano altresì che le linee-guida, pur non essendo vincolanti, «orientano il sanitario la cui condotta, una volta che a queste si adegua», «non può essere definita imprudente, né tantomeno imperita»
La decisione di primo grado viene dunque confermata, ma la parte civile non si arrende e propone ricorso per cassazione.
Ricorso per cassazione della parte civile… Ricorso che però viene dichiarato inammissibile. Gli Ermellini, infatti, ribadiscono che «l’impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di proscioglimento è inammissibile se non contiene un espresso e diretto riferimento agli effetti civili che vuol conseguire» (Cass., sez. II, n. 25525/2008).
…per la condanna degli imputati al risarcimento? In sintesi, viene attribuita alla parte civile la legittimazione a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio ai soli effetti della responsabilità civile (art. 576 c.p.p.). Tuttavia, nel caso esaminato dal Collegio manca qualsiasi riferimento al rinvio al giudice civile quale conseguenza dell’eventuale annullamento della sentenza assolutoria.
Pertanto, il ricorrente – oltre a vedersi dichiarare inammissibile il ricorso – dovrà pagare le spese processuali e 500 euro in favore della Cassa delle ammende.
La Stampa – 7 ottobre 2012