La Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 1173 del 18/01/2018 afferma che nessuna violazione dei propri doveri può invece essere contestata a chi si dedichi ad attività ludiche quali passeggiare in spiaggia o prendere la tintarella, sempre che tali occupazioni non compromettano o ritardino il rientro in servizio e che avvengano al di fuori degli orari di reperibilità.
Il lavoratore dipendente in malattia, sia del settore pubblico che di quello privato, deve ottemperare ad una serie di obblighi, tra i quali la reperibilità al domicilio indicato nel certificato medico di malattia per gli eventuali accertamenti sanitari nelle fasce orarie previste dalla normativa vigente. Inoltre, deve attenersi ai doveri di buona fede e correttezza nei confronti del datore di lavoro, adottando una condotta che non pregiudichi né ritardi la guarigione e, di conseguenza, il pronto rientro in servizio.
Per quanto meno conosciuto, è questo un aspetto importante da tenere in considerazione; infatti, l’espletamento di attività idonee a compromettere la guarigione del dipendente, può far venir meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore ed integrare la nozione legale di giusta causa di licenziamento ex art. 2119 del Codice Civile.
In pratica, un dipendente in malattia per lombalgia che venga sorpreso a tagliare legna o ad effettuare un trasloco, viene meno ai principi di correttezza e buona fede, perché tale attività può pregiudicare la sua guarigione.
Nel caso specifico, un lavoratore in malattia per una distorsione al ginocchio, sorpreso in spiaggia e di conseguenza licenziato dal proprio datore di lavoro, veniva reintegrato con decisione del giudice nel proprio posto di lavoro con la seguente motivazione: “l’espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede e a giustificare il recesso del datore di lavoro, laddove si riscontri che l’attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre ad essere dimostrativa dell’inidoneità dello stato di malattia ad impedire l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa (Cassazione 21/04/2009 n. 9474)”.
La moderata attività fisica svolta dal lavoratore, peraltro suggerita dal medico di medicina generale, non era incompatibile con il recupero degli esiti della distorsione al ginocchio e pertanto non poteva giustificare il licenziamento.
Maria Parisi
Consigliere regionale Piemonte – ANMEFI (Associazione Nazionale Medici Fiscali)
Quotidiano sanità – 28 gennaio 2018