Nel caso di cure mediche e prestazioni sanitarie da parte del Ssn in favore del danneggiato da un fatto illecito commesso da altri all’Ente non compete alcuna azione surrogatoria o di rivalsa perché mancano i presupposti di legge. Ma, si legge nella sentenza n. 24289/2017 della Cassazione, per recuperare i costi delle prestazioni rese in favore del danneggiato il Ssn può agire per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’autore del fatto illecito. LA SENTENZA.
Nel caso di cure mediche e prestazioni sanitarie da parte del Servizio sanitario nazionale a favore del danneggiato (e assicurato) da un fatto illecito commesso da altri, al Ssn “non compete alcuna azione surrogatoria o di rivalsa mancando a tal proposito proprio i presupposti di legge”.
A stabilirlo è la sentenza 24289 della III sezione della Cassazione civile, depositata il 16 ottobre, che spiega come dopo la legge 833/1978 il Ssn fosse considerato come una assicurazione sociale a contribuzione obbligatoria, mentre questo presupposto è decaduto con le previsioni dell’articolo 36 del Dlgs 446/1997 (“Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali“ che prevede l’abolizione dei “contributi per il servizio sanitario nazionale e la quota di contributo per l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi eccedente quella prevista per il finanziamento delle prestazioni economiche della predetta assicurazione”) che ha abrogato il sistema contributivo di finanziamento del Ssn prevedendo la “fiscalizzazione” del finanziamento del Servizio Sanitario, attuata mediante la sostituzione dei contributi sociali di malattia con entrate di natura fiscale.
L’azienda provinciale per i serivizi sanitari di Trento ha ingiunto il pagamento di oltre 33mila euro a titolo di rivalsa dei cisti delle cure mediche prestate a un paziante, a seguito di un incidente sul lavoro “imputabile all’ingiunto”. Il Tribunale di Trento, accogliendo l’opposizione proposta dal ricorrente, ha annullato il decreto ingiuntivo. La Corte d’Appello ha poi riformato la decisione di primo grado, rigettando l’opposizione.
Per recuparare – si legge nella sentenza – i costi delle prestazioni rese in favore del danneggiato il Ssn può agire per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’autore del fatto illecito. In questo caso infatti non conta la gratuità delle prestazioni. Questa opera esclusivamente tra Ente e degente, ma non esclude la responsabilità aquiliana (extracontrattuale, appunto, ndr) del danneggiante per i costi eventualmente sostenuti dal Servizio sanitario nazionale, a causa della sua condotta illecita.
“Consegue – si legge nella sentenza – che i costi dell’ assistenza medica e delle prestazioni sanitarie eventualmente erogate dal Ssn al danneggiato devono essere risarcite dall’autore del fatto illecito, quali conseguenze dirette e prevedibili, al pari di come lo sarebbero le spese sostenute dal danneggiato per ricevere le cure necessarie in regime privatistico. Non assume rilievo la circostanza che il danneggiato si sia rivolto, per ottenere la necessaria assistenza medico-sanitaria, a strutture private o pubbliche. Nel primo caso, il danneggiante dovrà rimborsare al danneggiato gli esborsi sostenuti; nell’altro, nonostante il danneggiato non abbia sostenuto alcun esborso. Il danneggiante sarà comunque tenuto a rifondere il costo delle prestazioni mediche e dell’assistenza sanitaria, in favore in tal caso dell’Ente che le ha erogate. L’erogazione gratuita delle prestazioni medico-sanitarie in favore dell’ infortunato, del malato o del ferito, infatti, non comporta l’irresponsabilità del danneggiante”.
La sentenza spiega ancora che “Viceversa, a ragionare diversamente si perverrebbe all’affermazione dell’assoluta irresponsabilità del danneggiante, che, ‘garantito’ dalla gratuità delle prestazioni che il Ssn renderà al danneggiato, si sottrarrebbe all’obbligo della refusione delle cure mediche e delle prestazioni sanitarie resesi necessarie quale conseguenza diretta del suo fatto illecito”.
Questo, secondo i giudici, non vale per le ipotesi in cui le prestazioni erogate dal Ssn siano già altrimenti finanziate. Ad esempio nel caso dei danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per il cui finanziamento è previsto un contributo sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile.
“Tale contributo – si legge ancora – è espressamente dichiarato dalla legge come “sostitutivo delle azioni spettanti alle Regioni e agli altri enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario Nazionale”.
Afferma ancora la Corte: “Pertanto, e possibile affermare che, in relazione alle prestazioni medico-sanitarie erogate gratuitamente dal Ssn, si possono distinguere quattro ipotesi:
- malattia o danno alla salute non addebitabile a colpa o dolo di terzi: al Ssn non è consentita alcuna rivalsa nei confronti del degente o di altri;
- danno da circolazione stradale e dei natanti: la legge esclude espressamente l’azione di rivalsa, poiché i costi delle prestazioni erogate a tale titolo vengono finanziati mediante un prelievo sulle polizze assicurative. In tali ipotesi al Ssn none consentita neppure l’azione extracontrattuale di risarcimento dei danni, in quanto si tratta di prestazioni già compensate mediante un contributo sostitutivo sui premi delle assicurazioni obbligatorie per la responsabilità civile;
- infortuni sul lavoro e malattie professionali: dal 1° gennaio 2001 il caso non è più regolato dalla legge, poiché l’art. 38 della legge n. 449 del 1997 (che, a sua volta, rinviava a un decreto ministeriale per la regolamentazione del settore) è stato abrogato e sostituito da previsioni analoghe, ma valevoli solo per il danno da circolazione stradale e dei natanti;
- danno derivante da altre ipotesi di fatto illecito: le cure sono gratuite nel rapporto Ssn- degente, ma il primo, che subisce una perdita patrimoniale a causa del fatto illecito di un terzo, ha diritto ad essere risarcito da quest’ultimo ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.
In conclusione della sentenza la Corte riafferma un principio di diritto:
“Conclusivamente – si legge nella sentenza, va affermato il seguente principio di diritto: 1In caso di cure mediche e prestazioni sanitarie rese dal Ssn in favore del danneggiato da fatto illecito altrui, all’Ente non compete l’azione di rivalsa prevista dall’art. 1916 cod. civ., né l’azione surrogatoria di cui all’art. 1203, n. 3, cod. civ., difettando in entrambi i casi di presupposti di legge. Non compete neppure l’azione speciale prevista dall’art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, poiché tale disposizione e stata abrogata dal Dl 25 giugno 2008, n. 122.
Tuttavia, per recuperare i costi delle prestazioni rese in favore del danneggiato, il Ssn può agire per responsabilità extracontrattuale, nei confronti dell’autore del fatto illecito, a ciò non ostando la gratuità delle prestazioni medesime. Tale gratuità, infatti, opera solo nei rapporti fra Ssn e degente, ma non esclude la responsabilità aquiliana del danneggiante per i costi effettivamente sostenuti dal Ssn, a causa della sua condotta illecita.
Il Ssn non ha titolo ad agire in sede extracontrattuale nei confronti del responsabile per recuperare i costi delle prestazioni sanitarie rese in favore della vittima di un sinistro derivante dalla circolazione stradale o di natanti, poiché tali prestazioni sono già compensate ex lege mediante il contributo sui premi per le assicurazioni per la responsabilità civile … espressamente indicato dalla legge come sostitutivo delle azioni spettanti alle Regioni e agli enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale”.
La Cassazione quindi ha cassato la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e ha rinviato il tutto alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione, a cui ha demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita.