Illegittimo il contributo di solidarietà imposto ai pensionati della Cassa dottori commercialisti, per il periodo 2009/2013. Secondo la Cassazione, sentenza 26102/14, depositata ieri, i diritti acquisiti non possono essere rimessi in discussione. Infatti, il regolamento della Cassa, non essendo un atto con forza di legge, non può imporre una «una riduzione delle pensioni già maturate e in pagamento.
Secondo una giurisprudenza consolidata il taglio delle prestazioni pensionistiche non è consentito neppure con la nuova versione dell’articolo 3, comma 12, della legge 335/1995, che ha sancito la possibilità per le Casse di adottare le misure atte a garantire l’equilibrio di lungo periodo senza il rigoroso rispetto del principio del pro rata (salvaguardia di quanto maturato dagli iscritti). È contrario al principio di ragionevolezza – si ribadisce nella sentenza 26102 – l’atto infralegislativo, amministrativo o negoziale con cui l’ente previdenziale «riduce unilateralmente l’ammontare della prestazione mentre il rapporto pensionistico si svolge» (si vedano, tra le altre le sentenze 11792/2005; 25029/2009; 20235/2010).
La legge 2009/2006 nel momento in cui fa salvi gli atti e le deliberazioni adottate in precedenza dagli Enti previdenziali, approvati dai ministeri prima della Finanziaria 2007, «si limita a garantirne la perdurante efficiacia» a patto che i provvedimenti siano stati assunti nel rispetto della normativa.
Ciò non vale nel caso del contributo di solidarietà, poiché questo tipo di manovra non rientra nei poteri e nell’autonomia decisionale delle Casse.
Gli enti privati – spiega la Cassazione – hanno a disposizione un ventaglio di soluzioni – dall’aumento delle aliquote alla riparametrazione dei coefficienti alla modifica dei criteri di calcolo del trattamento – per garantire l’equilibrio finanziario e per assicurare le prestazioni future.
Tuttavia, le Casse devono salvaguardare «l’integrita delle pensioni già maturate e liquidate». In questo senso, la valutazione dei giudici della Cassazione non cambia dopo la legge 147/2013 (articolo 1, comma 488), al di là della questione sulla natura – interpretativa o innovativa – della norma contenuta nella legge di Stabilità 2014.
La condizione di legittimità degli atti adottati dalle Casse – cioè la predisposizione per garantire l’equilibrio di lungo termine – non vale per il contributo di solidarietà, che è temporaneo, anche se reiterabile per tre volte.
La Cassazione, anche se non lo afferma esplicitamente, s e mbra a d o mbrare un’unica soluzione per le Casse che ritengano necessario imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni in essere, anche per riequilibrare i “contributi” delle varie generazioni per conservare l’equilibrio previdenziale. La strada potrebbe essere quella di affidarsi a una legge: peraltro questa previsione è già stata sfruttata dalla riforma delle pensioni (decreto legge 201/11), che ha imposto il contributo biennale di solidarietà per le Casse che avessero evidenziato uno squilibrio rispetto ai bilanci attuariali a 50 anni.
Il Sole 24 Ore – 12 dicembre 2014