Nuovo sequestro della procura di Vicenza nell’area dell’industria chimica Miteni di Trissino: ieri mattina i tecnici Arpav hanno messo i sigilli attorno al pozzo H, interno alla barriera idraulica posta al limitare della ditta. Una decina di giorni fa, infatti, un esame ha evidenziato che sul fondo ci sono pece nera e Pfas in quantità molto superiori al normale (200mila nanogrammi per litro). In tema, l’industria commenta che «è un esempio di efficacia della barriera».
I sigilli ieri mattina sono stati posti al pozzo di Trissino nell’ambito dell’inchiesta su Miteni e il caso Pfas che, con il coordinamento del procuratore Antonino Cappelleri, è portata avanti dai sostituti Barbara De Munari e Hans Roderich Blattner. Quello operato è un sequestro probatorio. Lo scorso 24 agosto Arpav ha eseguito dei campionamenti, una procedura normale nei vari impianti installati nell’area di Miteni per depurare le acque sottostanti. Dal prelievo sul fondo del pozzo H, profondo circa 24 metri, l’esame ha mostrato qualcosa di insolito. Il 29 agosto Arpav ha avuto i risultati delle analisi del campione: è emerso che lì c’è pece nera e Pfas a catena lunga (Pfos, Pfoa e altri, non più prodotti in Miteni dal 2011) in quantità molto superiori alla media delle rilevazioni precedenti. L’ipotesi più probabile è che il pozzo, con la sua azione continua di pompaggio d’acqua, abbia risucchiato sotto di sé una sorta di sacca di contaminazione prima collocata altrove. La magistratura vuol vederci chiaro, per questo ieri ha messo i sigilli. «Il pozzo ha fatto il suo lavoro – dichiarano in merito da Miteni – il percolato liquido aspirato è di decenni orsono, prevalentemente benzotrifluoruri scesi a 25 metri di profondità. È accaduto a inizio agosto e presumibilmente la procura ha fatto il sequestro per poter fare una verifica con un ctu. Trattandosi di materiale più pesante dell’acqua si è accumulato in fondo ma il pozzo lo ha pescato e aspirato: è un esempio di efficacia della barriera, non un problema».
Regione, Arpav, Provincia, Comune e Miteni lunedì hanno tenuto una conferenza dei servizi, durante la quale le istituzioni hanno previsto che l’azienda produca entro 60 giorni (il 4 novembre) un progetto di bonifica definitivo. Sul tema va all’attacco il comitato dei Genitori No Pfas, reduci la scorsa settimana da 5 giorni di sit-in continuato davanti alla procura: «Non devono essere più concessi mesi a questa azienda. Vogliamo che vengano imposti da subito i tempi per la bonifica, che Miteni si faccia carico di tutti i costi e che vengano resi noti i nomi di chi era presente all’incontro: bonifica subito e se necessario sequestro immediato della fabbrica».
Sullo stesso tema, i due mesi di tempo per il progetto definitivo di bonifica, è botta e risposta fra l’azienda e la Regione Veneto. Da Miteni dichiarano che questa scadenza è benvenuta e gli interventi verranno pagati interamente dalla fabbrica, «vogliamo fare la bonifica che è indispensabile per proseguire l’attività industriale, chiediamo da tempo di essere messi nelle condizioni di farlo. Adesso è stato stabilito che le condizioni ci sono, procediamo». Da Venezia invece la Regione avverte che nella conferenza dei servizi «si è posto termine a una serie di atteggiamenti dilatori di Miteni». Duro anche l’assessore veneto all’Ambiente, Giampaolo Bottacin: «Il progetto di bonifica entro sessanta giorni l’abbiamo imposto noi, ora non ci sono più alibi». Il presidente della commissione ambiente-sanità regionale, Nicola Dell’Acqua, fa poi presente che «c’è un inquinamento ambientale riferibile agli ultimi quattro anni, il che significa che le attività non sono state svolte in un quadro di sicurezza ambientale».
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