Nelle ultime settimane, i veterinari che si occupano di animali di compagnia nel Regno Unito hanno segnalato alla Food Standard Agency almeno 130 casi di panleucocitopenia felina. La FSA, nel suo comunicato, disponibile a questa pagina web, pur non confermando un nesso causale tra malattia ed esposizione alimentare, ha impartito un ritiro dal commercio di alcuni petfood segnalati in uso ai gatti che si sono ammalati, chiedendo alla comunità scientifica ogni utile elemento di conoscenza per identificare le cause e gli ingredienti che possono essere stati responsabili. La lista dei petfood attualmente segnalati per il “recall” è disponibile al seguente sito.
La panleucocitopenia felina è una sindrome clinica che riconosce una progressiva diminuzione dei livelli ematici di tutte le cellule della serie bianca e rossa, provocando quadri clinici gravi.
Dalla letteratura risulta sia associata all’esposizione a Tricoteceni-micotossine T2, e di cui la manifestazione clinica risulta tardiva rispetto all’esposizione alimentare, ovverossia può risultare la conseguenza di malattie virali nel gatto, da differenziare clinicamente e laboratoristicamente (parvovirosi , FIV, e FeLV).
FSA a tale proposito ha messo a disposizione un questionario, disponibile a questo sito, per permettere ai veterinari di indirizzarsi in modo armonizzato sulla diagnosi e sulla sua segnalazione attraverso l’esame clinico e laboratoristico, sia ematologico che infettivologico, con una attenzione anche alla funzionalità del midollo osseo.
EFSA nella sua opinione del 2013 sulle tossine T2 e e HT2 da Fusarium e il rischio di esposizione alimentare negli animali e nell’uomo ha chiaramente segnalato il gatto come la specie più vulnerabile, per il quale non è al momento nemmeno possibile stabilire un NOAEL. Questo vuol dire garantire l’assenza di tali tossine nel petfood per gatti, in quanto nessun limite residuale può essere considerato di garanzia. Questo è un punto altamente qualificante per la professione veterinaria.
In tale quadro vanno attentamente interpretati i valori guida raccomandati per la presenza di T2 e HT2 nei mangimi completi e nelle materie prime. Un accenno di tale problematica è peraltro presente nell’integrazione al Piano Nazionale Alimentazione Animale 2021-23 pubblicata sul sito del Ministero della Salute ladovve si afferma: “… Si fa presente che è in discussione una revisione della Raccomandazione 2006/576/CE per fissare limiti massimi per le micotossine indicate (DON, ZEN, somma FB e somma di tossine T2 e HT2) nei mangimi completi (compound feeds) e lasciare ancora i valori riferimento per le materie prime. Pertanto considerando che il presente Piano ha durata triennale si ritiene opportuno non riportare i limiti massimi in questa sede in quanto potrebbero essere oggetto di modifica. Si raccomanda di fare riferimento alle specifiche norme per verificare quali sono i limiti massimi consentiti (Direttiva 2002/32 e s.m. e i.; Raccomandazione (CE) 2006/576/CE e s.m.ei.; DM 15 maggio 2006). La Raccomandazione 2013/165/CE, relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, raccomanda agli Stati Membri di svolgere un’attività di monitoraggio della presenza delle citate tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali (riso escluso) con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti. Tali indagini devono essere volte ad individuare i fattori che determinano tenori superiori ai livelli indicati e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza”.
Nel gatto la vulnerabilità a tali tossine risiede in una incapacità di provvedere alla loro rapida eliminazione mediante coniugazione con l’acido glucuronico, e tale vulnerabilità non sembra essere adeguatamente compresa nel quadro legislativo attuale.
Le stime disponibili sulla popolazione di gatti in Italia, tramite il consumo di petfood, si orientano sui 7,3 milioni di individui (rapporto Zoomark 2020), a cui corrispondono altrettanti nuclei familiari. Un aspetto One Health da considerare attentamente, soprattutto laddove si richiede una partecipazione attiva della cittadinanza a politiche ispirate alla salute e alla sostenibilità.
Da un punto scientifico e gestionale il problema risiede su come garantire la salute dei nostri compagni di vita in mancanza di livelli tossicologici di riferimento che non consentono al legislatore una appropriata gestione del rischio.
Le stime di esposizione di EFSA nel 2017 non sono state corredate da un adeguato piano di biomonitoraggio, con follow-up clinico degli eventuali casi di intossicazione. La segnalazione inglese sul “problema” potrà essere sicuramente di stimolo per meglio definire il quadro di esposizione e le annesse conseguenze sulla salute. Il sistema veterinario italiano “One Health” è pronto a contribuire a questa acquisizione di conoscenze, a garanzia della “prossimità” con il cittadino in materia di salute, estesa anche agli animali di compagnia?
SCIENTIFIC REPORT EFSA Human and animal dietary exposure to T-2 and HT-2 toxin
PIANO NAZIONALE DI CONTROLLO UFFICIALE SULL’ALIMENTAZIONE DEGLI ANIALI 2021-2022-2023
Le immagini
1. Striscio ematico in un gatto pancitopenico
2. Allegato alla Raccomandazione 2013/165/CE, relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, in cui risulta non fissato un limite per i mangimi composti per gatti.
3. Stime di esposizione alimentare in cani e gatti, effettuate da EFSA nella sua opinione del 2017 sulla base dei dati di contaminazione ricevuti dagli Stati Membri nelle materie prime che compongono i mangimi completi. Riferimento https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.2903/j.efsa.2017.4972
(riproduzione ammessa solo citando la fonte – testo raccolto a cura della redazione)
17 giugno 2021