Un quadro impietoso, che fa da cornice a quanto sta avvenendo in queste settimane in molte Rsa della regione Lombardia, in particolare nel simbolico Pio Albergo Trivulzio, residenza simbolo di Milano, dove sono morti nel mese di marzo 70 anziani e altri 30 nella sola prima settimana di aprile.
I pm sul Pio Albergo Trivulzio
La Procura della Repubblica di Milano ha aperto un’inchiesta sul Pat e altre tre residenze sanitarie; il ministero della Salute ha inviato un’ispezione e la Regione ha istituito una commissione d’inchiesta per fare luce sul caso: all’interno ci saranno due ex magistrati, Giovanni Canzio e Gherardo Colombo (il primo è parte dell’ente anticorruzione di Palazzo Lombardia, il secondo del comitato per la legalità di Palazzo Marino).
In questo momento si sta indagando per via documentale, non essendo possibili ispezioni, su spinta degli esposti arrivati in procura da parte delle famiglie che accusano le residenze sanitarie di aver taciuto le reali condizioni dei pazienti. Oltre a queste lacune informative, c’è anche la questione mascherine da capire: alcuni operatori sanitari avrebbero detto che l’indicazione era di non usarle per non impressionare i pazienti. Infine, bisognerà capire se sono state adottate le misure di distanziamento sociale e se il Piano pandemico è stato adottato. Sotto la lente degli inquirenti anche la delibera dell’8 marzo che chiedeva alle Rsa la disponibilità di trasferire i pazienti Covid dimessi dagli ospedali. Su questo punto la direzione del Pat ieri ha inviato una nota dicendo di aver accettato solo pazienti dichiarati ufficialmente non affetti da coronavirus.
Un’nchiesta, inoltre, è stata aperta anche dai pm di Genova ma circoscritta solo a due donne morte nella struttura Casa Serena. L’attenzione, però, si focalizza sui numeri dei decessi: alla residenza San Camillo di Genova 39 morti su 120 ospiti, alla Trincheri di Albenga (Savona) 25 morti, alla Humanitas di Borghetto S. Spirito 14.
Il dossier del Nas
C’è da dire che il dossier messo a punto dai Nas – reparto strategico dell’Arma per la tutela della salute pubblica – fotografa una realtà preoccupante. Basti considerare che circa il 20-30% delle strutture assistenziali sono oggetto di provvedimenti di chiusura. Non solo: le 3.412 verifiche compiute tra marzo 2019 e marzo 2020 hanno portato alla denuncia di 604 persone, tutti gestori di queste strutture. Casi di abbandono di incapaci ma anche mancata assistenza di anziani non autosufficienti: reati contro l’integrità fisica e morale, che rappresentano, da sole, circa il 15% delle violazioni complessive rilevate dal Nas. A ciò si aggiungano i casi di esercizio abusivo della professione sanitaria e gli episodi di detenzione di farmaci scaduti.
Il fronte Covid-19
Le valutazioni investigative del Nas riguardano anche il periodo emergenziale Covid-19, a partire da gennaio. Dai dati finora rielaborati è già possibile tracciare la situazione. Risultano sequestrati oltre 9 milioni di euro a queste strutture assistenziali nel solo periodo gennaio-febbraio. Gli investigatori hanno ricostruito le principali criticità sul fronte dell’assistenza e delle strutture. Preoccupano i «degenti superiore al numero previsto dal titolo autorizzativo», la «carenza di personale medico, infermieristico ed assistenziale rispetto ai quadri organici», il «ricorso a operatori socio-sanitari in luogo di infermieri (soprattutto negli archi temporali notturni) o di figure professionali non idonee quali, ad esempio, gli addetti alle pulizie» e la «detenzione ed impiego di farmaci scaduti o non correttamente conservati». A ciò si aggiungano le carenze strutturali, tra le quali: «precarie condizioni igienico-sanitarie», «disorganizzazione degli spazi della struttura con presenza di molte aree comuni che costringono i degenti a vivere continuativamente in condizioni di promiscuità», «locali utilizzati oltre il limite della capienza con posti letto accalcati» e «irregolarità nel confezionamento dei pasti».
«L’attuale situazione di emergenza sanitaria», spiega il comandante Lusi, «ha evidenziato una presenza di focolai di positività Covid all’interno di alcune strutture ricettive per anziani e di residenze per lungodegenze». È chiaro, aggiunge, «che le verifiche richiedono un coordinamento delle attività su basi epidemiologiche e scientifiche condivise con l’Autorità sanitaria, al fine di verificare l’adozione di adeguate misure organizzative ed il possesso di dotazioni protettive anti-covid all’interno di Rsa e case di riposo».