Il Sole 24 Ore. L’inflazione gioca davvero brutti scherzi e spesso nasconde la realtà. Il fatturato del settore delle carni avicole e delle uova made in Italy lo scorso anno ha toccato quota 7,4 miliardi (con un balzo del 24,5%). Di questi circa 5,3 sono legati al comparto delle carni bianche e poco più di 2 alle uova.
Ma nonostante i valori di grande rilievo, e le performance in percentuale da vero boom, lo scenario è molto meno roseo: la produzione ha fatto segnare una importante battuta d’arresto (-11,2%) in gran parte legata alla recrudescenza dell’influenza aviaria che nei soli mesi tra ottobre 2021 e maggio 2022 ha portato alla perdita di circa quindici milioni di capi con un danno economico di 262 milioni. La flessione produttiva inoltre ha messo a rischio uno dei primati del settore delle carni avicole: la propria autosufficienza. L’Italia in media negli ultimi anni ha prodotto tra carni bianche e uova il 107% del proprio fabbisogno. Percentuale che quest’anno ha rischiato di scendere sotto il 100%. Insomma, a causa dell’influenza aviaria e nonostante gli slogan, uno dei pochi comparti dell’agroalimentare italiano (un altro è il vino) a essere totalmente autosufficiente ha rischiato di perdere la propria sovranità alimentare.
È quanto è emerso ieri a Roma dall’Assemblea di Unaitalia, l’associazione delle industrie delle carni avicole e delle uova. Un settore cardine della zootecnia italiana con una produzione di 1,22 milioni di tonnellate di carni e 11,8 miliardi di uova e 64mila addetti.
Sulla flessione produttiva, va sottolineato, ha pesato oltre all’influenza aviaria anche la recente alluvione in Emilia-Romagna: tra le regioni maggiormente vocate per l’avicoltura.
«Ma al di là delle difficoltà congiunturali – ha commentato il presidente di Unaitalia, Antonio Forlini – a preoccupare sono le notizie che arrivano da Bruxelles con misure allo studio che vanno dalla riforma delle regole sul benessere animale alla direttiva emissioni industriali fino a quella sugli imballaggi. Una ipertrofia regolatoria che rischia di mettere fuori gioco le nostre produzioni. Per questo diciamo basta ad attacchi ideologici e a un ambientalismo e animalismo che in realtà nasconde interessi economici molto rilevanti».
In Unaitalia hanno invece apprezzato gli ultimi provvedimenti del Governo italiano come «il segnale politico sulla carne prodotta in laboratorio – ha aggiunto Forlini – e la svolta sul tema delle Tecniche di evoluzione assistita (Tea) che potrebbe ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime per mangimi. Molto importante anche il disegno di legge sul “meat sounding” ovvero sull’uso di termini legati alla carne per prodotti a base vegetale. Al Governo chiediamo di proteggere in Europa un asset strategico del nostro made in Italy con meccanismi di vera reciprocità rispetto alle importazioni extra-Ue e soprattutto interventi di sostegno ai consumi erosi dall’inflazione come la riduzione dell’Iva al 4% che garantirebbe a tutti l’accesso a carni bianche e uova».
Ma da Bruxelles potrebbero presto arrivare anche novità positive. A riferirlo è l’europarlamentare Paolo De Castro: «La prossima settimana alla plenaria di Strasburgo ci sarà il voto sulla direttiva per le emissioni industriali e in gioco c’è la sorte degli allevamenti bovini. La commissione Agricoltura a larga maggioranza ha votato per escluderli dalla direttiva, mentre la commissione Ambiente, per un solo voto, li ha ricompresi. Decisivo sarà ora il voto finale in Plenaria sugli emendamenti della Comagri. Sono fiducioso che l’Aula accetterà alla fine la posizione della commissione Agricoltura.