Nelle macellerie venete ieri non si parlava d’altro. Lo studio dell’Oms che inserisce gli insaccati tra le sostanze – se introdotte in eccesso – che possono contribuire a provocare il cancro al colon si è trasformato in un perentorio e allarmistico: «La carne fa male». Un’ulteriore mazzata per un comparto che già negli ultimi anni ha subito un calo nei consumi pari al quindici per cento.
Una «criminalizzazione dannosa e ingiustificata» per il presidente veneto della Federcarni, il veronese Mario Giuliatti. «Pare una coincidenza – dice – ma prima di Pasqua e Natale comincia il tam tam contro il consumo di carne. Ma la carne che si trova nelle nostre macellerie è la più tracciabile in assoluto, è sana e fa bene se consumata con equilibrio». Il Veneto rappresenta il 40 per cento della produzione italiana con oltre seimila allevamenti tra Venezia (1.604), Verona (1.433), Treviso (1.364) e Padova (1.250). «Allevatori a cui dobbiamo la genuinità della carne che troviamo nelle macellerie e che la politica dovrebbe sostenere e difendere» tuona Giuliatti.
L’allarme sulla carne rossa è per la Coldiretti Veneto «una campagna a dir poco denigratoria nei confronti del lavoro degli imprenditori zootecnici e fuorviante per il consumatore: un falso allarme che mette a rischio un settore chiave per l’economia della Regione». Oltre duecentomila tonnellate di carne bovina prodotta per cinquecento milioni di euro e 134 mila tonnellate di salumi e braciole di suino per poco meno di duecento milioni, pari al 20 per cento del totale prodotto in Italia e alla metà degli introiti del Veneto. Millecinquecento macellerie per 4.500 posti di lavoro, oltre a duecento laboratori artigianali per circa duemila addetti. Numeri che la dicono lunga sul «peso economico» di bistecche e affettati. E si capisce perchè tra i più arrabbiati ci sia lo stesso governatore Luca Zaia. «La sopressa e il salame nostrani non sono un hot dog. Una comunicazione sbagliata nei tempi e nei modi, quanto tarata sulle schifezze americane altrimenti note come junk food, ha creato un allarme assolutamente ingiustificato – sbotta – In Veneto e in Italia le carni hanno un percorso di verifica di qualità rigorosissimo, che garantisce la salute della gente. Consumate con equilibrio le carni venete sono un alimento salutare e nutritivo».
Per Confartigianato Veneto ora il rischio è di un’autentica psicosi. «Rischia di venire penalizzata una rete di sapere che garantisce non solo la realizzazione dei prodotti a base di carne “doc”, ben sette salumi in veneto certificati, ma anche la produzione delle 104 leccornie inserite nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali». Non solo grigliate e sopressa insomma. Carni rosse e lavorate per il nostro territorio si traducono anche e soprattutto in bollito misto, «poenta e tocio», fegato alla veneziana, spiedo, salsicce e cotechino.
E poi nelle osterie i gustosi cicchetti, dalla porchetta, alle polpettine, ai nervetti.
Il presidente della Sezione economica di Confagricoltura Veneto Luigi Andretta invita a leggere lo studio in modo corretto. «I risultato indicano il consumo di 100 grammi al giorno per la carne rossa e 50 grammi al giorno per quella trasformata come condizione per un aumento, comunque modesto, del rischio alimentare che è molto lontano a quello del nostro Paese. Infatti, gli italiani consumano 300 grammi di carne rossa in una settimana, ciò significa che i dati oggetto dello studio, prendono in esame un consumo doppio di quello nostro. Inoltre, le carni prese in esame sono diverse da quelle italiane e venete. E’ anche un problema di cultura: diversa è l’alimentazione americana, o di altri Paesi, dove si consumano quasi esclusivamente e giornalmente carni, come costate o hamburger sempre molto grasse, un’altra è la cultura della dieta mediterranea dove la carne è presente in modo corretto e vario come con il lesso, lo spezzatino e l’arrosto».
Valentina Dal Zilio – Il Corriere del Veneto – 28 ottobre 2015