Beniamino Bonardi, Il Fatto alimentare. L’Ufficio alimentare e veterinario della Commissione europea ha diffuso i risultati delle ispezioni effettuate nel 2012 e 2013 in otto Paesi, per valutare i sistemi di controllo delle autorità nazionali sulla produzione di carne separata meccanicamente e di prodotti che le contengono. I paesi ispezionati sono stati Danimarca, Francia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito. La carne separata meccanicamente (CSM) deriva dai resti rimasti sulle carcasse degli animali dopo i tagli principali. Questi avanzi possono essere rimossi meccanicamente e utilizzati in altri alimenti. Ci sono due tipi di carne separata meccanicamente: quelle separate ad alta pressione, dove la carcassa o le parti di carne vengono premuti attraverso una macchina, da cui esce un prodotto pastoso, che può essere utilizzato in prodotti come gli hot dog, e quelle separate a bassa pressione, di aspetto simile al macinato, in cui la carne è raschiata meccanicamente dalla carcassa.
Nell’Unione europea, la carne separata meccanicamente può essere ricavata da pollame e maiali, ma non da bovini, ovini e caprini. Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), il rischio di crescita microbica nella carne di pollo, tacchino o maiale separata meccanicamente è maggiore quando si usano alte pressioni, perché la lavorazione provoca una maggiore distruzione delle fibre muscolari, favorendo lo sviluppo batterico. Il sistema a bassa pressione, invece, stressa meno le fibre e il rischio di contaminazione può essere equiparato a quello della carne macinata.
Le ispezioni della Commissione Ue negli otto Paesi hanno riscontrato carenze nell’applicazione della normativa dell’Unione europea (UE), in particolare per i requisiti generali e specifici in materia d’igiene e per i requisiti specifici per la produzione di CSM. Inoltre, sono state segnalate possibili designazioni fraudolente o ingannevoli di CSM ceduta ad altri operatori del settore alimentare e un’etichettatura dei prodotti destinati ai consumatori finali dove la CSM è incorporata come ingrediente. In due Stati membri le autorità competenti inoltre non avevano applicato il divieto di utilizzare ossa di ruminanti per la produzione di CSM.
In particolare, per quanto riguarda l’etichettatura, la relazione finale della Commissione europea afferma che nella maggior parte degli Stati i controlli ufficiali sono risultati insufficienti e non assicurano il rispetto di aspetti rilevanti della direttiva Ue n. 13 del 2000 in materia di etichettatura.
Anche per quanto riguarda l’Italia, la relazione rileva che la denominazione utilizzata sui documenti di accompagnamento non era del tutto soddisfacente. Ricorrevano spesso termini come “MDM” (carne disossata meccanicamente), “MDM pollo/tacchino congelato”, “purea di tacchino congelata MDM”, “carnetta”, ecc. Denominazioni ugualmente fuorvianti comparivano anche sui documenti che accompagnavano le partite di CSM provenienti da altri Stati membri.
Inoltre, in due degli stabilimenti ispezionati la pelle di pollo macinata o il grasso di maiale utilizzati come ingredienti nei medaglioni di pollo e nelle salsicce di Francoforte erano indicati nell’etichetta come “carne di pollo” nel primo caso, e determinavano il contenuto di carne nel secondo caso, mentre la legislazione stabilisce che soltanto i muscoli scheletrici possono essere definiti “carne” sull’etichetta.
Per quanto riguarda l’Italia, le ispezioni europee hanno riguardato sette stabilimenti di produzione di carne separate meccanicamente: quattro di pollo e/o tacchino e tre di maiale. Tre di questi stabilimenti erano anche utilizzatori di CSM, ossia stabilimenti per la lavorazione di prodotti a base di carne. Le ispezioni hanno riguardato anche altri cinque stabilimenti per la preparazione/la lavorazione di prodotti a base di carne che utilizzano CSM come ingrediente.
La relazione dell’Ue afferma che il sistema di controllo del nostro paese non mostra carenze importanti e in generale è in grado di dimostrare che i requisiti dell’Unione europea vengono rispettati. Tuttavia, il gruppo d’ispezione ha riscontrato alcune carenze che non erano state individuate durante i controlli ufficiali, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento degli stabilimenti, i requisiti generali in materia di igiene (manutenzione, strutture, condensa, pulizia e prassi igienica) e gli specifici requisiti in relazione alla temperatura per la carne separata meccanicamente.
Entrando nello specifico di quanto rilevato nei sette stabilimenti di produzione di CSM, emerge che:
-in uno stabilimento la presenza di condensa non era stata segnalata dal veterinario ufficiale. Inoltre, molte gabbie utilizzate per le CSM erano rotte e/o non sufficientemente pulite, benché nell’agosto 2012 il veterinario ufficiale avesse chiesto di interrompere immediatamente l’utilizzo delle gabbie più danneggiate, sostituendole entro la fine del 2012;
-in un altro stabilimento la macchina CSM e la benna contenente CSM non erano protette dalla contaminazione: i cavi e altre attrezzature sporche erano collocati al di sopra della macchina; i vassoi contenenti CSM erano collocati sotto la linea di trasporto delle cosce di pollo e tacchino; i rivestimenti per i vassoi di CSM non venivano utilizzati in maniera corretta, col rischio di una potenziale contaminazione incrociata;
-in un terzo stabilimento la macchina CSM non era sufficientemente pulita, benché secondo la lista di controllo pre-operativa dell’operatore la macchina stessa fosse stata controllata e trovata conforme ai requisiti di pulizia.
Per quanto riguarda le ispezioni nei cinque stabilimenti che utilizzano CSM per fabbricare prodotti a base di carne trattati termicamente, come salsicce di Francoforte, medaglioni di pollo, cordon bleu e altri prodotti simili, in quattro di essi sono state rilevate alcune carenze che l’autorità di controllo non aveva sempre identificato, segnalato o sottoposto a follow-up. Le violazioni riguardavano la manutenzione e la pulizia degli stabilimenti, delle attrezzature e dei locali di lavorazione, e le condizioni igieniche nel corso della produzione. Per esempio:
-in uno stabilimento si usavano gabbie rotte o poco pulite; lo stato di manutenzione e pulizia del locale di produzione era insufficiente (condutture di aereazione sporche, presenza di ruggine e vernice scrostata su pareti e soffitto, sporcizia sulle protezioni delle lampade; presenza di condensa sopra i cassoni in cui venivano miscelati gli ingredienti; accumulo di amido bagnato su tutte le attrezzature circostanti). Il macchinario per la miscelazione degli ingredienti lavorava a ciclo continuo e veniva pulito solo una volta alla settimana. L’ubicazione e la disposizione del locale in cui venivano lavate le gabbie erano inadeguate (le gabbie pulite e quelle sporche venivano a contatto; le gabbie pulite venivano immagazzinate nel corridoio sotto una condensa gocciolante);
-in un secondo stabilimento, benché struttura e stato di manutenzione fossero nel complesso adeguati, la zona di lavorazione mostrava alcune carenze: un elemento arrugginito sovrastava l’apparecchiatura per il taglio della carne, dietro la quale una tubazione idraulica rotta, che collegava l’evaporatore allo scarico, sgocciolava sul pavimento. Inoltre, nel montacarichi utilizzato per le CSM non confezionate una lampadina era priva di protezione;
-in un terzo stabilimento, non si era ancora posto rimedio ad alcune carenze in materia di manutenzione e pulizia, già rilevate dall’autorità di controllo: presenza di ruggine in alcuni punti del soffitto, un tubo sgocciolante dal soffitto, vicino ai vassoi contenenti le salsicce di Francoforte pronte per la spellatura, prima della confezione sotto vuoto e della pastorizzazione. Il congelatore usato per le materie prime (cioè le CSM) era eccessivamente stipato, alcune confezioni di CSM erano danneggiate e le CSM risultavano prive di protezione, si osservava condensa ghiacciata, e alcuni pallet in legno rotti erano ammucchiati sopra i blocchi di CSM protetti solo da imballaggi di plastica;
-in un quarto stabilimento la disposizione era inadeguata, parecchie porte non proteggevano completamente lo stabilimento da parassiti e contaminazione esterna e in alcune zone la vernice del soffitto era scrostata. Nei locali di lavorazione l’igiene non era sufficiente (pavimenti sporchi, cattivi odori, prodotti semilavorati lasciati privi di protezione durante la pausa pranzo, un’ape svolazzante, temperatura del locale molto elevata, accumulo di lubrificante tecnico proprio al di sopra dei prodotti semilavorati, distributore di acqua potabile nel locale adibito all’imballaggio).
Il Fatto alimentare – 31 dicembre 2015