Si riduce la caduta dei consumi di carni rosse e salumi, anche se per alcuni prodotti le vendite rimangono negative a due cifre. Tra novembre 2015 e maggio di quest’anno le vendite di carni e salumi nella grande distribuzione sono mediamente in calo del 3% rispetto all’anno precedente, meno della metà rispetto al -6,9% di novembre.
Secondo i dati di Iri, il 2015 si è concluso male per le vendite di carni e salumi, in particolare nel finale d’anno dopo la comunicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità che pone una relazione tra consumo di carni e salumi e maggiore rischio d’insorgenza del cancro. Questi prodotti hanno fatto registrare un trend a valore pari a -6,9% a novembre e -6,2% a dicembre, in seguito il dato si è ridotto al -3,5% in aprile e -3% a maggio 2016.
Nel periodo novembre-maggio i prodotti più colpiti sono stati i wurstel (con una punta del -21% lo scorso maggio), la carne in scatola (-18%) e quella fresca (-3,4%), soprattutto suina e di manzo. La carne elaborata ha contenuto al -1,4% il calo sempre a maggio e i salumi a -1,2%. Uno choc per i produttori, da anni alla prese con gli effetti del mutamento degli stili alimentari: negli ultimi anni gli italiani consumano più frutta, verdura e pesce e meno carni rosse, a cui si è contrapposto, nel 2015, un +3,9% delle carni bianche. Solo nel 2015 le vendite di carni rosse nella Gdo hanno perso oltre 170 milioni (-1,8% a 9,6 miliardi di euro).
«La produzione è rimasta stabile – assicura Francois Tomei, dg di Assocarni – anche perchè quando ci sono allarmi come quelli dell’Oms si tende a rinazionalizzare gli acquisti». Difatti nel 2015 l’import di carni fresche e semilavorate è calato del 3% a fronte di un aumento del 9% dell’export di semilavorate. Mentre sul piano nutrizionale Tomei mette in guardia «da certe esasperazioni delle scelte che privano delle necessarie proteine animali anche categorie deboli come bambini e anziani».
Nel rapporto 2016 presentato al parlamento Ue dall’associazione Carni sostenibili «si conferma – spiega il segretario Aldo Radice – che la carne e i salumi, consumati in maniera equilibrata, sono parte della dieta mediterranea. Non è infatti un caso che 8 dei primi 10 Dop e Igp siano, per volumi e fatturato, salumi e formaggi. E che l’Italia sia il Paese europeo dove si mangiano meno salumi, dopo la Grecia». Poi Radice conclude che «l’aggiornamento della Clessidra ambientale conferma che in un modello alimentare equilibrato, come quello mediterraneo, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate decisamente maggiori».
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 15 luglio 2016