Ernesto Diffidenti. La crisi economica accompagnata dai recenti scandali alimentari frena i consumi di carne bovina scesi a 20 kg procapite dai 28 kg di dieci anni fa. Un trend che ha ridotto i capi allevati e tagliato del 7% le macellazioni nei primi due mesi di quest’anno. La filiera zootecnica è in allarme.
E nell’ambito di un convegno organizzato nell’azienda dei Benetton a Maccarese sollecita un piano istituzionale per il rilancio della carne rossa in grado di far fronte a costi di produzione crescenti e una redditività ferma a trenta anni fa anche per la forte pressione della Gdo sul contenimento dei prezzi.
«I consumi sono in calo per la crisi economica – conferma il nutrizionista Pietro Migliaccio – ma anche per i falsi miti sulla carne trasmessi da mass media e opinionisti». In realtà, secondo Migliaccio, «non vi sono studi accurati che accertino il legame del consumo di carne rossa con alcune patologie mentre la dieta mediterranea prevede anche l’assunzione di proteine di origine animali».
Dal canto suo Carlo Angelo Sgoifo Rossi dell’Università di Milano ha chiarito l’impatto della zootecnia sull’inquinamento globale. «L’allevamento estensivo – dice – ha costi di produzione molto bassi e una buona percezione da parte dei consumatori. perché richiama il concetto di naturalità. Ma è altamente inquinante».
Al contrario il modello intensivo italiano («sottoposto a uno stretto controllo sanitario», ha chiarito Romano Marabelli del ministero della Salute), garantendo carni «salubri e tenere» permette un miglior controllo dell’alimentazione e quindi «una migliore efficienza nutrizionale che riduce di molto le emissioni dei gas a effetto serra». Per questo, secondo Agostino Macrì (Unione dei consumatori), «occorre dare informazioni chiare al consumatore respingendo le pubblicità ingannevoli».
Il Sole 24 Ore- 26 marzo 2013