Intervento di Alberto Pozzi, vicepresidente Fvm Veneto
Sono trascorsi anni di indifferenza davanti al problema del depauperamento del personale del Ssn che via via si faceva sempre più grave. Indifferenza che, nella migliore delle ipotesi, ha espresso l’incapacità di governo di effettuare una efficace e adeguata programmazione sanitaria.
Ma se volessimo considerare le ipotesi peggiori lo scenario sarebbe ancora più preoccupante. E’ possibile che dietro una apparente sventatezza ci sia in realtà una precisa volontà di affossare il Servizio sanitario pubblico?
Le premesse sono già sufficienti ad allarmare i cittadini utenti, se poi si adottano le soluzioni come quella prospettata dalla delibera 359 del 26 marzo scorso con cui la Regione, per ovviare alla contingente carenza di medici, indica alle aziende del Ssr la possibilità di conferire incarichi di lavoro autonomo a medici in quiescenza, l’allarme si amplifica. Sull’argomento sono ormai state spese pagine di osservazioni sui quotidiani, anche da parte di tutte le organizzazioni sindacali dei medici. I sindacati hanno già evidenziato come la soluzione organizzativa proposta sia inefficace perché aleatoria nell’incertezza dell’esito reclutativo. Si potrebbe inoltre osservare che la legittimità della scelta non si basa su un dispositivo normativo esplicito ma sull’interpretazione di norme.
Si è già detto che oltre la metà dei giovani laureati non riesce ad accedere alle borse di specializzazione per il loro numero totalmente insufficiente al fabbisogno di medici specializzati del Ssn. Si è già detto che molte nuove leve disertano il servizio sanitario pubblico a favore del privato accreditato o convenzionato perché più remunerativi e, per lo stesso motivo, magari scelgono di lavorare in altri Paesi dell’Europa dove, oltre al miglior trattamento economico, hanno percorsi di carriera più trasparenti. Abbiamo più volte rimarcato come la politica dovrebbe smettere di ingerire nelle procedure concorsuali, soprattutto quelle per le apicalità, e nella governance, abbrutendo i contesti lavorativi e il clima organizzativo.
Queste sono le vere criticità che non consentono di avvicendare le generazioni al lavoro, ora che ci si è accorti della necessità di attivare i concorsi. Richiamare al lavoro i medici pensionati calando de jure un provvedimento che non ha chiaramente delineati gli aspetti attuativi risuona come una burla. Altre soluzioni potevano essere considerate per arginare il problema della gobba pensionistica. Per esempio incentivare il mantenimento in servizio degli specialisti, ottimizzare l’erogazione di prestazioni specialistiche negli ospedali di rete con specialistici condivisi, sostenendone la motivazione economica e professionale.
Ma ciò che si dovrebbe ritenere più preoccupante è che la politica ormai non dialoghi più con gli attori del sistema, medici e pazienti, per cercare di gestire le criticità. Si muove in perfetta autoreferenzialità calando delibere che non esprimono consenso e condivisione, ma decisioni unidirezionali che non lasciano spazio al confronto. Senza dialogo, e quindi senza possibilità di incidere sulle scelte della Regione, diventa inevitabile pensare che la stagione del Servizio sanitario pubblico regionale stia volgendo al termine.
Alberto Pozzi
Vicepresidente Fvm Veneto