Noemi Penna. Siamo ciò che mangiamo. Lo sa bene la dottoressa Maria Caramelli, direttrice dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, sa sempre schierata in prima linea per la sicurezza alimentare.
La sua battaglia parte da lontano, e prosegue su tutta la filiera: è grazie a lei e al suo staff se «l’Italia è il paese d’Europa che esegue più controlli sulla carne. Lo scorso anno ne abbiamo eseguiti il 40% in più rispetto ai minimi imposti dalla normativa europea; per i dopanti, l’84% in più».
Qual è l’impegno quotidiano dell’Istituto Zooprofilattico?
L’ente dipende direttamente dal Ministero della Salute e vigila su due grandi aeree: salute e benessere degli animali, da allevamento e selvatici, poi la sicurezza alimentare, dalle modalità di trasporto e conservazione degli alimenti, sino alle frodi.
Quanto è importante controllare l’intera filiera?
È fondamentale per avere la certezza di mangiare un alimento sano e per intervenire al momento giusto per bloccare quello che non va. Particolare attenzione c’è per tutte quelle malattie che possono rappresentare un problema per l’uomo, quindi curare e monitorare gli animali che mangeremo vuol dire tutelare la nostra salute. Basti pensare che negli ultimi 20 anni il 70% delle malattie emergenti sono arrivate proprio dagli animali, come pure l’ebola. Proprio per evitare che questo accada in Italia, noi andiamo a controllare tutta la filiera: è la prima cosa che deve rassicurare i consumatori. Della nostra fettina di roastbeef che abbiamo nel piatto possiamo non solo individuare l’allevamento, ma anche sapere che cosa ha mangiato l’animale e da dove arrivavano i mangimi. In questo modo possiamo anche controllare se gli animali hanno assunto farmaci, se vivono in un ambiente salubre, se sono sottoposti a contaminanti ambientali. Si tratta di controlli giornalieri, mirati ad evitare non solo l’illegalità, ma anche a diffondere buone pratiche. Per offrire un servizio sempre migliore, portiamo avanti anche ricerche e sperimentazioni. L’ultima frontiera è avere introdotto l’esame istologico, che oltre a quello chimico individua anche gli effetti dei dopanti e dei cortisoni a lungo termine.
Quali sono i settori in cui avete riscontrato irregolarità?
In questi anni abbiamo visto un po’ di tutto. Ma la cosa importante da sapere è che tutte le crisi migliorano il cibo. È stato proprio a causa dei grandi problemi e scandali che sono stati sviluppati esami più accurati e innalzati i livelli di sicurezza. Facciamo un milione e mezzo di analisi all’anno ei «positivi» sono sotto l’1%.
Dopo Mucca Pazza, cosa è cambiato?
Dalla Bse, l’Europa ha creato un «linguaggio comune» sul trattamento della carne comunitaria, con metodi di condivisione del rischio e controlli a tappeto. Questo ha unificato gli standard minimi, per garantire ai consumatori che tutta la carne che si produce in Europa o che entra in Europa rispetti una serie di norme fondamentali. Il virus è stato debellato: in Italia l’ultimo caso bovino risale a cinque anni fa. Per monitorare le importazioni è stato istituito il Raff, un occhio elettronico gigantesco che controlla tutto quello che entra, bloccando i carichi ancora prima dello sbarco se sono considerati un pericolo. Anche nell’esportazione, il prodotto italiano è il più controllato. Proprio sulla Bse ci chiedono esami anche inutili ma non abbiamo problemi a farli se servono a dimostrare la qualità dei nostri prodotti. Non a caso abbiamo ottenuto dall’Oms la pagella di «rischio trascurabile», il più basso della categoria.
Gli “allarmismi” cosa causano ai consumi?
Coldiretti ha stimato che il 47% delle persone che leggono di un’allerta su un cibo, per un mese non lo mangiano più. Nel dubbio, meglio evitare, pensano. Senza sapere che così mandano in ginocchio un comparto produttivo. Il primo grande crollo si è visto con l’aviaria: peccato che in Europa l’unico morto sia stato un veterinario entrato in contatto diretto con l’animale malato. Questa psicosi ha portato i produttori a stoccare grandi quantità di carne, su cui abbiamo negli anni smascherato delle frodi. C’è stato chi spacciava il pollo per altra carne o che lo vendeva per fresco nonostante fosse stato congelato. Altra frode che ha fatto discutere è stata quella del ragù a base di cavallo al posto del vitello, per cui sono stati eseguiti migliaia di test del Dna. L’unico problema sanitario su cui oggi dobbiamo fare seriamente attenzione è la trichinellosi: la portano gli animali selvatici, di cui si registra un aumento significativo di consumo.
La Stampa – 9 dicembre 2015