di Ilaria Capua*. Ogni volta che emerge una malattia infettiva nuova, si diffonde un allarmismo che spesso poco ha a che vedere con la realtà dei fatti. Nel 2016, il compito di far parlare di sé come monito agli esseri umani che la natura è padrona, potente e imprevedibile, spetta al virus Zika. Partiamo con una certezza. Il vaccino è ancora lontano.
Il grosso dei fondi per la ricerca negli Stati Uniti (1,9 miliardi di dollari) è ancora intrappolato nelle discussioni tra repubblicani e democratici al Congresso, e i prototipi in fase di sviluppo non saranno pronti prima di qualche anno. In Europa, nell’ambito di Horizon 2020 sono in corso di negoziazione alcuni progetti di ricerca, che finanzieranno degli studi prevalentemente epidemiologici e diagnostici, anche in Usa e in Sudamerica. Escluso quindi che nel breve termine potremo proteggerci con un vaccino, non rimane che avvalersi degli strumenti che abbiamo.
Il primo, e il più utile, è il buonsenso, accompagnato da una corretta informazione.
Zika è un virus trasmesso da zanzare che in tutte le categorie di persone — tranne una — provoca un’infezione pressoché asintomatica o simil influenzale, nella stragrande maggioranza dei casi senza alcuna conseguenza. Quindi tutti, giovani e anziani, uomini e donne, bambini e adolescenti, nel caso di infezione, non corrono rischi se non quelli legati a una infezione microbica.
Questa realtà si trasforma drammaticamente nell’unica categoria nella quale l’infezione si manifesta con un’aggressività quasi irreale. Le donne in gravidanza. In questa categoria, il virus può provocare delle malformazioni gravissime, a volte incompatibili con la gravidanza stessa.
Il virus si localizza nel cervello del feto, provocando danni irreparabili e irreversibili. Una tragedia per la famiglia. Un costo per il Paese. Una risorsa perduta.
Zika è presente e ha già fatto molti danni in Sudamerica e nella zona caraibica e ora sta avanzando con il suo fronte di infezione negli Stati Uniti. Sono attivi casi di trasmissione locale in Florida, nella zona di Miami. Potrebbe verificarsi un aumento esponenziale del numero dei focolai, un’evenienza che potrebbe dipendere da molti fattori.
Le coppie o le donne che si vogliono difendere da questo rischio hanno il diritto di farlo, sia nel Nord sia nel Sud del mondo. C’è una voce, quella dell’equilibrio e della saggezza, che potrebbe cambiare, ancora una volta, la vita di milioni di persone: quella di papa Francesco.
Il Papa si è già espresso con grande capacità di interpretazione dei fenomeni che, purtroppo, governano molte delle dinamiche globali. A ridosso del suo recente viaggio in Asia, ha parlato di «paternità responsabile» in riferimento al numero di figli per coppia, spingendosi fino a sconsigliare le gravidanze se vi sono motivi leciti per farlo.
Ecco, l’emergenza Zika è una di questi. Questa volta bisognerebbe riflettere sulla «procreazione responsabile»: a fronte di una minaccia che potrebbe assumere le caratteristiche di una serie inarrestabile di nascite di bambini malformati o di aborti spontanei o terapeutici, posticipare la procreazione di qualche tempo a fronte di un virus in espansione potrebbe essere il modo migliore di applicare la prevenzione.
Al di là delle ideologie o delle strumentalizzazioni che ad oggi negli Stati Uniti bloccano i finanziamenti per la ricerca, e con la piena consapevolezza che l’epidemia di Zika ha già provocato migliaia di casi di microcefalia — e che esiste il rischio che questi casi aumentino ancora —, di certo è necessario prepararsi.
La straordinaria lungimiranza e il pragmatismo di papa Francesco, ben noti anche attraverso i suoi tweet visionari, potrebbero dare il via a una campagna di prevenzione, sulla «procreazione responsabile» che rispetti i valori della Chiesa e le necessità (oltre che le preoccupazioni) della scienza.
*Direttore del «One Health Center of Excellence» Università della Florida
Il Corriere della Sera – 27 agosto 2016