Complice anche la recente revisione dei conti pubblici operata dall’Istat, i margini di manovra sul bilancio pubblico per il 2019 si allargano leggermente. Anche il ministro dell’Economia, Giovanni Tria e i tecnici del Tesoro, tanto vituperati dal Movimento 5 Stelle, si sarebbero ormai convinti che un deficit intorno all’1,8% del prodotto interno lordo potrebbe consentire, il prossimo anno, una riduzione del rapporto debito/pil e il non peggioramento del disavanzo strutturale, considerati obiettivi indispensabili per ottenere il via libera da Bruxelles.
Lo spazio di manovra è un po’ più ampio, ma non consente in ogni caso il finanziamento pieno delle tre operazioni immaginate dalla nuova maggioranza per il prossimo anno, il reddito di cittadinanza, quota 100 per le pensioni e la flat tax. Si partirà su tutti e tre i fronti, avanzando per moduli progressivi, cercando di contenere il più possibile la spesa nel primo anno, con qualche accorgimento particolare.
Per la pensione a quota 100, dalla somma di età anagrafica e contributi, si immaginano ad esempio alcuni paletti per limitare la spesa, che altrimenti, a regime, arriverebbe a quasi 10 miliardi di euro l’anno. Si prevede, così, che quota 100 scatti solo con un minimo di 62 anni di età (e 38 di contributi). Per ridurre i costi dell’operazione si ipotizza anche il calcolo dell’assegno previdenziale con il sistema contributivo (meno vantaggioso del retributivo) per i contributi versati dopo il 1995 (riforma Dini). Oppure una penalizzazione sull’importo, che potrebbe andare da 0,5 a 1,5 punti percentuali per ogni anno guadagnato rispetto alle uscite standard a 67 anni.
In casa Lega continuano gli approfondimenti sulla flat tax per le imprese. Lo sgravio Irpef per i lavoratori dipendenti e i pensionati sembra ormai rinviato al 2020-2021. Nel 2019, ma i benefici per i contribuenti (e i costi per lo Stato) arriveranno comunque l’anno dopo, al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, ci si fermerà alle partite Iva che fatturano fino a 100 mila euro, con due aliquote: 15% fino a 65 mila euro, 20% tra 65 e 100 mila euro. Anche qui i costi dell’operazione, valutati sui 5 miliardi, potrebbero essere stati sovrastimati, visto che già mezzo milione di partite Iva entro quel tetto di fatturato, dicono i commercialisti, usufruisce della tassazione forfettaria al 15%.
Nella manovra potrebbe entrare, neanche tanto a sorpresa, anche un capitolo dedicato alla fiscalità ambientale. Finora si è parlato di una possibile riduzione delle accise sui carburanti, ma l’operazione che stanno studiando i 5 Stelle è più articolata. Prevede anche la cancellazione di alcuni sussidi dannosi per l’ambiente, come le «esenzioni fiscali per i petrolieri» ricordate ieri dallo stesso Di Maio. Lo scopo è quello di racimolare risorse per finanziare il trasporto “pulito”, come gli incentivi alla vendita delle auto ibride. Se non addirittura un regime fiscale speciale, la «flat tax verde», per le imprese che non inquinano.
CORSERA