Una pagina dopo l’altra, sul Cansiglio la favola di Bambi sta per arrivare all’epilogo. E che non vivranno tutti felici e contenti, i tremila cervi stimati nell’antica foresta adagiata fra le province di Treviso e Belluno (oltre che Pordenone, che però fa storia a sé), è un finale che ormai si aspettano in molti.
Non solo i sindaci subissati di lamentele per i danni causati dagli ungulati alle colture e al bosco, ma anche gli ambientalisti che pure a lungo si sono battuti contro la soppressione decretata dalla Regione, al punto che proprio dal fronte animalista arriva l’idea di un «happy end» decisamente anomalo per le fiabe di settore: far entrare in scena il lupo, col ruolo non del cattivo ma quanto meno dell’ecoregolatore.
Domani sulla Piana si terrà un vertice fra gli enti interessati al «Piano di controllo 2011 – 2013» che, su indicazione dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, in questo triennio avrebbe dovuto determinare l’abbattimento di 1.200 cervi. «In realtà non ne è stato toccato neanche uno – precisa l’assessore regionale alla caccia Daniele Stival – e smentisco che questo incontro sia stato convocato per accelerare i tempi. Semplicemente vorremmo guardarci in faccia e decidere cosa fare, perché le polemiche lasciano il tempo che trovano, ma intanto i cervi si moltiplicano con un ritmo esponenziale: in dieci anni sono cresciuti di dieci volte e la loro presenza incontrollata sta pesantemente danneggiando le coltivazioni e la flora, oltre che la salute degli stessi animali».
Tre le esigenze che si intrecciano sull’Altopiano: la difesa delle aziende agricole, la tutela della faggeta autoctona, il mantenimento della specie e la sua salvaguardia sanitaria. «Finiamola di chiamarli “Bambi” – sbotta Giacomo De Luca, sindaco della trevigiana Fregona, uno dei tre Comuni proprietari del suolo demaniale insieme ai bellunesi Tambre e Farra d’Alpago – in quanto non si tratta di piccoli e docili cerbiatti, ma di bestie che pesano almeno un quintale e mezzo e che devastano tutto quello che trovano, costringendo caprioli e daini ad emigrare per trovare qualcosa da mangiare. Chi ha un orto è costretto a recintarlo con obbrobriosi fili spinati che stanno trasformando il paesaggio in una prigione. Quest’anno non una famiglia è riuscita a mangiare una foglia di radicchio invernale. Ed il sottobosco sta praticamente scomparendo, perché tutte le piantine fresche vengono divorate per ordine. Sono il primo a voler difendere la presenza dei cervi, il bramito è uno spettacolo che affascina anche me, ma qui stiamo parlando di una proliferazione senza regole che fa del male a tutti».
La necessità di contenere il numero degli esemplari è stata sottolineata anche dal Corpo forestale dello Stato, che un paio d’anni fa ne aveva sperimentato l’allontanamento dai pascoli attraverso cartucce esplodenti e petardi sia rumorosi che luminosi, a quanto pare tuttavia senza ottenere risultati soddisfacenti.
«Leggo che il Wwf ammette i danni provocati dai cervi all’ambiente ma chiede lo stesso di non ucciderli – afferma l’assessore Stival – proponendone piuttosto il trasferimento altrove. Ho scritto a tutti i parchi dell’arco alpino, senza però ricevere una sola disponibilità ad accoglierli, perché questa specie sta crescendo a dismisura dappertutto: è bene che gli attivisti sappiano».
Lupus in fabula, l’eurodeputato trevigiano (e presidente della Lac del Veneto) Andrea Zanoni lancia allora la proposta di una regolazione ecocompatibile: «Inseriamo nel Cansiglio uno o due branchi di lupi, naturali predatori degli ungulati. Come abbiamo avuto modo di approfondire un mese fa a Strasburgo, ad una conferenza dell’intergruppo europeo per la conservazione e il benessere degli animali, sono ormai diverse le esperienze di utilizzo di questi animali per il mantenimento dell’ecosistema nelle grandi foreste. Altro che abbattere i cervi per farne prosciutti o per far sfogare i cacciatori».
Angela Pederiva – Corriere del Veneto – 10 luglio 2013