Un fenomeno analizzato nel dettaglio nel corso del convegno organizzato dall’Ordine degli avvocati di Milano in occasione della presentazione del volume «Gli animali in giudizio. Contenziosi costituzionali, civili, penali, amministrativi, contabili, tributari, comunitari sugli “esseri senzienti non umani”», curato da Vito Tenore, presidente di sezione della Corte dei conti e docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione.
«Si tratta di una tematica da approcciare con equilibrio», sottolinea Tenore. «Nel trattare i singoli casi, infatti, il giudice è tenuto a bilanciare valori contrapposti. Conta il diritto del proprietario dell’appartamento di tenere il cane in casa ma conta anche il diritto dei condòmini di non essere disturbati, di notte, dai suoi latrati».
La crescente attenzione sociale al tema della tutela degli animali, corroborata anche dalla modifica dell’articolo 9 della Costituzione che l’ha inserita tra i principi fondamentali della Carta, spinge dunque il legislatore a riflettere sul valore del riconoscimento dell’animale come essere senziente dotato di diritti, non più come semplice bene. E in parallelo a definire con precisione i diritti dei tutori per responsabilizzarli.
«Nella dottrina europea sono ravvisabili due macrotendenze: da un lato la costituzionalizzazione degli animali, sempre più menzionati nelle carte in termini di doveri di tutela e di senzietà», ha sottolineato Diana Valentina Cerini, docente di diritto privato all’Università Bicocca di Milano, «dall’altra la progressiva sottrazione alla categoria tassonomica dei beni, con norme che riconoscono, ad esempio, i danni e ne disciplinano il risarcimento». Un orientamento che sembra aver iniziato ad attecchire anche in Italia. Sebbene il Codice civile attribuisca ancora agli amici a quattro zampe l’etichetta di res. In caso di separazioni, ad esempio, il lessico utilizzato nelle ordinanze in riferimento agli animali domestici è sempre più vicino a quello adoperato per i minori: si parla, dunque, di affidamento condiviso, valorizzando la relazione d’affetto che li lega ai padroni e non ragionando più nei termini di un rapporto fondato solo ed esclusivamente su un certificato di proprietà.
A mettere d’accordo gli addetti ai lavori intervenuti nel corso della giornata di studi la prospettiva che la riforma costituzionale non possa e non debba essere un punto d’arrivo. Occorrono interventi normativi mirati e linee programmatiche utili a sedimentare nel sentire comune la cultura del rispetto senza sfociare nell’ipertutela. Contenendo il pericolo di un’umanizzazione eccessiva che può rischiare di ostare la corretta applicazione della legge.