Il Comune di Potenza è stato condannato dal giudice di pace del capoluogo al pagamento dei danni riportati da un cittadino in seguito all’aggressione subita da parte di un cane randagio.
A dare notizia dell’importante pronuncia, passata in giudicato e quindi non più appellabile, è l’avvocato Domenico Salvatore che ha rappresentato e difeso il 63enne che, a settembre 2009, mentre si trovava in località Piani del Mattino, era stato aggredito da un randagio di grossa taglia che lo aveva morso alla gamba sinistra, procurandogli multiple ferite lacero contuse. «La pronuncia – spiega Salvatore – è molto importante perché sembrerebbe sia la prima a condannare un’amministrazione comunale al pagamento dei danni biologici, morali e delle spese mediche sostenute, nonché di quelle processuali, ascrivendogli la responsabilità dell’ag – gressione di un cane vagante o randagio».
La Regione Basilicata, infatti, con la Legge regionale n.6 del 25 gennaio 1993 (Norme sulla prevenzione e sul controllo del randagismo), all’art. 7 ha affidato ai comuni la cattura, la custodia e il ricovero dei cani randagi, avvalendosi, se necessario, della collaborazione delle associazioni di volontariato. Il fulcro della disciplina è rappresentato, infatti, da un atto normativo risalente al 1991, la Legge n.281 («Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo »), in cui era demandato alle regioni il compito di legiferare in materia, legge in seguito alla quale ogni regione ha adottato norme specifiche per prevenire e combattere il problema del randagismo.
In quasi tutto il territorio nazionale a dover provvedere alla cattura dei cani sono i servizi veterinari delle Asl e solo in Basilicata, Emilia Romagna e Sicilia i comuni sono coinvolti direttamente nella cattura dei randagi. La particolarità della Campania, tuttavia, dove è vietato catturare i cosiddetti cani di quartiere, ossia quegli animali che vivono in un caseggiato, in un quartiere o in un rione in cui gruppi di persone, coordinate da un tutore responsabile, dichiarano di accettare l’animale e provvedono a fornirgli mantenimento, assistenza e quant’altro necessario al suo benessere, è stata presa a modello dal comune di Potenza che, con un’ordinanza, ha stabilito di reimmettere nel territorio di prelevamento (previa adeguata osservazione comportamentale e parere favorevole del Servizio Veterinario dell’Azienda Sanitaria) i cani sterilizzati e muniti di microchip se gli stessi non manifestano segni di aggressività, affidando a volontari l’onere di vigilare sugli animali.
«La situazione a Potenza – afferma Maria Argenzio dell’associazione Dna – è ora davvero drammatica. Ci sono cucciolate dappertutto. La nostra associazione 2 anni fa censì oltre 600 cani. Le sterilizzazioni vanno a rilento, i comuni dicono di non avere soldi da destinare alla risoluzione del problema e i cittadini sono lasciati drammaticamente soli. Emblematico è il caso di Pignola dove una cinquantina di cani sono stati avvelenati da cittadini esasperati».
Eppure, nonostante non ci sono soldi per fare prevenzione, il comune dovrà trovare 6.000 euro per risarcire il cittadino e rimborsare le spese processuali. Considerando quanti randagi girano per le strade, viene da chiedersi quante siano le richieste di risarcimento che arrivano al Comune e quanti cittadini, dopo questa sentenza che farà scuola, decideranno di far valere i loro diritti.
La Gazzetta del Mezzogiorno – 11 gennaio 2012