Sul grande schermo di sfondo scorrono le istanze degli imprenditori bellunesi, riassunte in altrettanti hashtag: #orgoglio , #delusione , #sfiducia , #credito , #bastafreni . Il Teatro Comunale di Belluno è (quasi) pieno, sul Listòn della piazza molti capannelli di sostenitori. Qualcuno scherza: a Belluno non si erano mai visti tanti politici in un solo chilometro quadrato. E tutti insieme, i sei candidati alle regionali, schierati sul palco, fanno una certa impressione.
Ma alla fine gli hashtag passano, e i temi sono quelli inevitabili del capoluogo dolomitico, stretto tra aree fiscalmente privilegiate: autonomia, autonomia, autonomia. Il mantra della montagna risuona chiaro nel pomeriggio bellunese. Loro, i candidati – chiamati al dibattito da Confindustria Belluno e moderati dal direttore del Corriere del Veneto Alessandro Russello – si mettono subito all’unisono: «Un assessore per il bellunese nella prossima Giunta regionale», ripetono in coro Luca Zaia, Alessandra Moretti, Flavio Tosi, Jacopo Berti, Alessio Morosin, Laura di Lucia Coletti. Il dibattito segue di un giorno la visita di Renzi in Trentino, in cui il premier ha offerto «più autonomia» alla montagna. «Le dichiarazioni di Renzi non vanno d’accordo con la realtà», attacca Zaia. «Questa compagine governativa, che è al potere dal novembre 2011, non ha fatto nulla per l’autonomia. E basta parlare di ‘specificità’. La differenza tra specificità e autonomia è che nel primo caso il governo ti dice: ti do dei soldi da spendere, ma decido io per cosa spenderli. Autonomia invece significa decidere dove spenderli».
Tosi entra nel merito: «L’articolo 132 della Costituzione dice che si può disporre la fusione di Regioni esistenti, quando ne facciano richiesta tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum. Cosa intendo? Che il Veneto può fare un percorso costituzionalmente garantito per unirsi al Trentino e al Friuli e costituire una macroregione a statuto speciale». Poi propone: «Fondere Cav (Concessioni autostradali venete) e Veneto Strade: se unisci le due società metà degli utili di Cav che ora vengono tassati e mandati a Roma potranno essere impiegati da Veneto Strade per i servizi offerti al cittadino».
Alessandra Moretti è rimasta finora in silenzio. Ma la candidata del Pd non dimentica che ha davanti amministratori di lungo corso, e batte sul tasto della credibilità. «La Regione Veneto è stata assente in questi anni. L’autonomia si deve praticare. L’amministrazione regionale prima ha messo nero su bianco la specificità, con la legge 25 dell’agosto 2014, ma poi non l’ha finanziata. È vergognoso». «Ma se su 500 milioni che lo Stato trasferisce alla regione ce ne sono solo settanta non vincolati!», le risponde l’indipendentista veneto Morosin. Che tuona: «L’autonomia, cari bellunesi, potete scor-dar-ve-la», sollevando il (prevedibile) applauso della platea. Moretti non demorde, cerca il confronto. Con l’attuale presidente, ovviamente: «Trasferimenti dello Stato? Nel 2010, quando Zaia era ministro dell’Agricoltura, il governo Berlusconi tagliò 365 milioni di risorse». Ma Zaia non raccoglie il guanto della polemica. Lei va avanti: «Noi, se governeremo la Regione, concederemo finanziamenti a fondo perduto fino al 30% per un giovane imprenditore che dia vita a un’azienda altamente innovativa», spiega, sottolineando più volte la continuità istituzionale che una sua giunta garantirebbe con il governo a Roma. E ricordando al pubblico che nei prossimi giorni proprio a Belluno è previsto l’arrivo del ministro Boschi. Il tempo, nel teatro bellunese, scorre veloce, con tanto di campana dolomitica a scandire i due minuti (regolarmente sforati) dai relatori. Il grillino Berti: «Attraverso l’abolizione dei privilegi dei consiglieri, ovvero vitalizi e assegno di fine mandato, si possono raccogliere 65 milioni di Euro. Con quella somma finanzieremo 2.600 nuove imprese. Seconda priorità: infrastrutture. Un tema fondamentale, se si pensa che un turista impiega tre ore e mezzo per andare dall’aeroporto di Tessera a Calalzo con i mezzi pubblici». Laura Coletti, candidata ecologista di «L’altro Veneto», ricorda tra gli applausi come «l’abbonamento all’autobus di uno studente bellunese è passato da 200 a 500 Euro all’anno. Come possiamo parlare di formazione quando accadono queste cose?». Manca poco alla conclusione, e tutti sfoderano le ultime proposte, il dibattito si allarga un po’ sinistramente al mercato elettorale: «Faremo della provincia bellunese una zona franca fiscale» (Tosi); «i bellunesi si aspettino un nuovo treno delle Dolomiti, sul modello della Val Pusteria: elettrico, intermodale, connesso con le piste ciclabili» (Zaia); «combatteremo la destagionalizzazione e lanceremo il brand Veneto Unesco» (Moretti). In chiusura, anche Tosi prova a lanciare qualche frecciatina al governatore: «Non si può – dice, senza nemmeno nominarlo – venire qui a fare passerella dopo che si è governato per cinque anni». Ma lui, Zaia, non risponde al fuoco, e per la seconda volta si sottrae allo scontro. Finale sui toni della cordialità e delle strette di mano. La bellunesità, tratto un po’ democristiano, un po’ gentile e un po’ assonnato, forse si vede anche in questo.
Francesco Chiamulera – Il Corriere del Veneto – 7 maggio 2015