Abolire la riforma Fornero? Possibile ma assai costoso. Si parte da «qualche miliardo per salire a 10-15 miliardi con punte di 1,5 punti di Pil. Nell’intero periodo in termini cumulati sono 20 punti percentuali di Pil. Per un paese già con debito al 130% non è una cosa da niente». A intervenire nuovamente su una delle proposte a più elevata valenza simbolica della campagna elettorale è Carlo Cottarelli, ex direttore esecutivo del Fondo monetario e per due anni (2013-2014) commissario per la revisione della spesa pubblica in Italia. In un’intervista all’Ansa l’economista, che oggi dirige il nuovo Osservatorio sui conti pubblici messo in piedi all’Università Cattolica di Milano, dopo aver indicato una maggior spesa per previdenza che coincide con quella che Il Sole24Ore ha anticipato (si veda il numero del 2 gennaio), spiega come cancellando le norme del 2011 non si risolverebbe tra l’altro il problema dell’età di pensionamento agganciata all’aspettativa di vita, meccanismo introdotto «da una delle riforme Berlusconi». Cottarelli affronta poi il tema della flat tax. Di certo – spiega – semplifica il sistema. Ma è un po’ meno progressiva e ha bisogno di coperture certe. Secondo l’economista «si può fare se si trovano coperture» che non siano «incerte» visto che «anche eliminando le detrazioni, a seconda di dov’è l’aliquota rimane un buco tra i 30 e i 40 miliardi». E non regge l’ipotesi che la misura si autofinanzi: «Se si guardano le esperienze degli altri paesi, nella maggior parte dei casi non c’è stato un aumento delle entrate» con l’unica «vera eccezione della Bulgaria». In altri casi c’erano infatti motivazioni specifiche. In Russia, ad esempio, l’intervento è stato in concomitanza con il «boom petrolifero e a un inasprimento dei controlli».
Per una valutazione più approfondita bisogna aspettare la pubblicazione dei programmi ufficiali e l’Osservatorio di Cottarelli sta raccogliendo i quadri programmatici di finanza pubblica dei partiti per un’analisi di sostenibilità. L’ex commissario insiste in particolare sulle coperture. Perché se è vero che margini di spending review ce ne sono ancora, è altrettanto vero che «le cose che fanno risparmiare subito purtroppo sono le più difficili». Il suo piano, citato spesso da M5S, portava «32 miliardi in 3 anni» ma «lordi», mentre per finanziare nuove misure servono coperture «nette».
E per creare più posti di lavoro? «La cosa migliore – dice – è ridurre la tassazione», non con incentivi temporanei ma con «una detassazione stabile» e generalizzata, non focalizzata solo su alcune categorie. L’altro passaggio fondamentale nel medio periodo «è ridurre il debito». Non bisogna dimenticare che «noi subiamo ancora oggi le conseguenze non della stretta fiscale del 2012 ma di quello che l’ha resa obbligatoria, cioè il fatto che non riuscivamo più a prendere a prestito dai mercati».
E per creare più posti di lavoro? «La cosa migliore – dice – è ridurre la tassazione», non con incentivi temporanei ma con «una detassazione stabile» e generalizzata, non focalizzata solo su alcune categorie. L’altro passaggio fondamentale nel medio periodo «è ridurre il debito». Non bisogna dimenticare che «noi subiamo ancora oggi le conseguenze non della stretta fiscale del 2012 ma di quello che l’ha resa obbligatoria, cioè il fatto che non riuscivamo più a prendere a prestito dai mercati».
Il Sole 24 Ore – 28 gennaio 2018